di Andrea Ermano
L'idea della fatica può coincidere con quelle della libertà e della felicità, ma non funziona come un telecomando. Ricorda piuttosto l'automobile, che ha tre pedali: frizione, freno e acceleratore. La frizione simboleggia la libertà "da" – libertà dal giogo naturale, dall'altrui intrusione, dal proprio pregiudizio ecc. Il freno e l'acceleratore sono la libertà "di" – di fare per esempio la cosa giusta, oppure di non fare la cosa sbagliata.
Perciò, ogni libertà è fatica, anche se questa frase genera in realtà più problemi di quanti non ne risolva. Le infermiere dei reparti maternità, per dire, raccontano che alcune partorienti, prese dallo sconforto delle loro prime doglie, giungono a esclamare: "Adesso però basta! Mi avete veramente stufata!". E nella loro voce vibra l'indignazione di chi minaccia di alzarsi e tornarsene a casa sua. Ma neanche Ercole, del resto, mentre veniva partorito nel suo piccolo mondo antico, fatto di parenti serpenti e inenarrabili fatiche, nemmeno lui poté optare per un più lungo periodo di aspettativa amniotica.
Ogni libertà è fatica, anzi doppia fatica, quando non tripla – è fatica dello sforzo ed è fatica della rinuncia. Ché in entrambe, alla fin fine, si concretizza la facoltà di fare o non fare, cioè ogni libertà "di", la quale è a sua volta indispensabile a conservare anche ogni indipendenza, cioè la libertà "da".
Ma, se ogni libertà è fatica e se ogni nostra felicità non può non alludere alla libertà, allora nessuna felicità è senza sudore. Dunque, la felicità nella vita questo è: tanta fatica e continui strapazzi.
Un'assemblea di bambini golosi voterebbe per i dolci del pasticciere e non certo per il farmaco del medico. Lo denuncia la Repubblica. Qui il pensiero si volge spontaneo al cav. Lombardoni, mitica figura felliniana che piacevolmente governava un bel paese a tempo perso. Troppo piacevolmente. Dopo un po', alcuni paesani ipotizzarono che il Lombardoni dovesse farsi da parte per dar luogo a qualcosa di più opportunamente spiacevole.
Ma l'orologio del consenso di quel bel paese segnava ognor "dolciumi", protetto per altro da una nutrita guardia di soldatini di caramello. La nazione fu sull'orlo del diabete. E, se si salvò, fu sopportando campagne e campagne di dolcezza ad usum delfini.
Un giorno il consenso del Lombardoni esplose, come una bolla finanziaria di media grandezza. La scintilla scoccò nell'animo irrazionale di una casalinga di Verona la quale si trascinò dietro milioni e milioni di altri animi irrazionali che, a quanto pare, detestavano il karaoke di cui il Lombardoni invece andava matto.
Si udì un rombo nell'altra metà del cielo. E fu subito sera. I Persiani calarono le veneziane, i Saraceni le persiane, i Veneziani le saracinesche e così via, secondo i moduli delle antiche gelosie.
Il cav. Lombardoni avvertì il territorio franargli sotto i tacchi. E risolse di girarsi sui medesimi evitando ulteriori spargimenti d'albume. Perché, nel bel paese, laddove c'è il bottino e sia pure di un sol uovo, lì sta in agguato l'appetito di mille gattopardi pronti a incendiarti la casa per cucinarselo al tegamino.
Alla fine di questo lungo intermezzo comico (vent'anni), gli osservatori di cose globali dicono che la Germania farà lo stretto necessario per salvare l'UEM e che ciò potrebbe condurre a una cementificazione delle "asimmetrie" tra "centro" e "periferia", oppure potrebbe condurre allo sfarinamento dell'Europa, aggiungono, qualora l'esattezza del timing entrasse in distonia con la storia, che invece procede in un modo tutto suo.
Gli osservatori parlano di un'ultima finestra di possibilità, apertasi con il voto eurocompatibile del popolo greco. Dicono che la finestra si chiuderà con l'inizio della recessione tedesca. Eccoci, dunque, alla vigilia di un'estate infuocata, che sollecita una vasta iniziativa politica di sinistra su scala europea.
Dopodiché, entreremo in un'epoca comunque nuova. Un'epoca "eccitante", come dice Giuliano Amato, "perché può essere davvero brutta se finisce male, ma può essere molto migliore se finisce bene".
L'idea della fatica può coincidere con quelle della libertà e della felicità, ma non funziona come un telecomando. Ricorda piuttosto l'automobile, che ha tre pedali: frizione, freno e acceleratore. La frizione simboleggia la libertà "da" – libertà dal giogo naturale, dall'altrui intrusione, dal proprio pregiudizio ecc. Il freno e l'acceleratore sono la libertà "di" – di fare per esempio la cosa giusta, oppure di non fare la cosa sbagliata.
Perciò, ogni libertà è fatica, anche se questa frase genera in realtà più problemi di quanti non ne risolva. Le infermiere dei reparti maternità, per dire, raccontano che alcune partorienti, prese dallo sconforto delle loro prime doglie, giungono a esclamare: "Adesso però basta! Mi avete veramente stufata!". E nella loro voce vibra l'indignazione di chi minaccia di alzarsi e tornarsene a casa sua. Ma neanche Ercole, del resto, mentre veniva partorito nel suo piccolo mondo antico, fatto di parenti serpenti e inenarrabili fatiche, nemmeno lui poté optare per un più lungo periodo di aspettativa amniotica.
Ogni libertà è fatica, anzi doppia fatica, quando non tripla – è fatica dello sforzo ed è fatica della rinuncia. Ché in entrambe, alla fin fine, si concretizza la facoltà di fare o non fare, cioè ogni libertà "di", la quale è a sua volta indispensabile a conservare anche ogni indipendenza, cioè la libertà "da".
Ma, se ogni libertà è fatica e se ogni nostra felicità non può non alludere alla libertà, allora nessuna felicità è senza sudore. Dunque, la felicità nella vita questo è: tanta fatica e continui strapazzi.
Un'assemblea di bambini golosi voterebbe per i dolci del pasticciere e non certo per il farmaco del medico. Lo denuncia la Repubblica. Qui il pensiero si volge spontaneo al cav. Lombardoni, mitica figura felliniana che piacevolmente governava un bel paese a tempo perso. Troppo piacevolmente. Dopo un po', alcuni paesani ipotizzarono che il Lombardoni dovesse farsi da parte per dar luogo a qualcosa di più opportunamente spiacevole.
Ma l'orologio del consenso di quel bel paese segnava ognor "dolciumi", protetto per altro da una nutrita guardia di soldatini di caramello. La nazione fu sull'orlo del diabete. E, se si salvò, fu sopportando campagne e campagne di dolcezza ad usum delfini.
Un giorno il consenso del Lombardoni esplose, come una bolla finanziaria di media grandezza. La scintilla scoccò nell'animo irrazionale di una casalinga di Verona la quale si trascinò dietro milioni e milioni di altri animi irrazionali che, a quanto pare, detestavano il karaoke di cui il Lombardoni invece andava matto.
Si udì un rombo nell'altra metà del cielo. E fu subito sera. I Persiani calarono le veneziane, i Saraceni le persiane, i Veneziani le saracinesche e così via, secondo i moduli delle antiche gelosie.
Il cav. Lombardoni avvertì il territorio franargli sotto i tacchi. E risolse di girarsi sui medesimi evitando ulteriori spargimenti d'albume. Perché, nel bel paese, laddove c'è il bottino e sia pure di un sol uovo, lì sta in agguato l'appetito di mille gattopardi pronti a incendiarti la casa per cucinarselo al tegamino.
Alla fine di questo lungo intermezzo comico (vent'anni), gli osservatori di cose globali dicono che la Germania farà lo stretto necessario per salvare l'UEM e che ciò potrebbe condurre a una cementificazione delle "asimmetrie" tra "centro" e "periferia", oppure potrebbe condurre allo sfarinamento dell'Europa, aggiungono, qualora l'esattezza del timing entrasse in distonia con la storia, che invece procede in un modo tutto suo.
Gli osservatori parlano di un'ultima finestra di possibilità, apertasi con il voto eurocompatibile del popolo greco. Dicono che la finestra si chiuderà con l'inizio della recessione tedesca. Eccoci, dunque, alla vigilia di un'estate infuocata, che sollecita una vasta iniziativa politica di sinistra su scala europea.
Dopodiché, entreremo in un'epoca comunque nuova. Un'epoca "eccitante", come dice Giuliano Amato, "perché può essere davvero brutta se finisce male, ma può essere molto migliore se finisce bene".