domenica 8 dicembre 2019

Craxi e la sinderesi


Si parla di nuovo di Bettino Craxi in vista dell'anniversario 

dalla scomparsa, e ormai sono passati vent'anni.

 

di Andrea Ermano

 

Non molto tempo fa Gennaro Acquaviva – che di Craxi fu un leale collaboratore (suo braccio destro nella riscrittura del Concordato) e che oggi presiede la Fondazione Socialismo – riassunse la parabola del leader del PSI nel modo che qui tenterò di esporre. 

    L'inizio del craxismo ascendente, disse in sostanza Acquaviva, si ebbe con la vicenda degli Euromissili: un sistema di difesa NATO da contrapporre alla minaccia sovietica. L'URSS aveva dispiegato contro l'Europa occidentale le testate nucleari a media gittata SS-20 e teneva quindi sotto scacco il vecchio continente. L'Alleanza atlantica decise di ripristinare un equilibrio della deterrenza e di dispiegare a sua volta missili a media gettata puntati sull'URSS. Nessuno stato europeo, però, era entusiasta di ospitare le nuove basi missilistiche. E lo stallo occidentale aumentava il vantaggio strategico derivante dall'intimidazione atomica sovietica. 

    Fu il cancelliere tedesco Helmut Schmidt a sbloccare la situazione. Si disse disponibile a farsi carico dello stazionamento, ma al patto che ci fosse una "doppia decisione" e che, insomma, la Repubblica federale non fosse il solo paese a ospitare i missili. A quel punto occorreva che un altro leader europeo affiancasse la Germania ed è esattamente qui che – secondo Acquaviva – entra in scena Bettino Craxi, astro nascente della politica italiana e occidentale. 

    Nel novembre del 1983 la Germania dispiegò i Pershing II a Schwäbisch Gmünd mentre l'Italia stazionava i primi Cruise nella base di Sigonella. 

    Noi giovani allora protestammo duramente contro questa orribile corsa agli armamenti e ci furono numerose manifestazioni per la pace: a New York, Lisbona, Bonn, Roma e in cento altre città dell'occidente. Mosca per parte sua ispirò una lunga serie di campagne contro Bettino Craxi ed Helmut Schmidt, presentati come i due leader euro-socialisti "nemici della pace". Di qui una ragione strutturale dell'inconciliabilità tra Craxi e Berlinguer: c'era il veto del Cremlino. Erano cambiati, però, gli equilibri strategici e di conseguenza cambiò anche l'assetto di potere nel PCUS, sicché nel dicembre del 1987 tra Gorbaciov e Reagan fu firmato a Washington il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) che pose fine alla vicenda dei missili nucleari a medio raggio installati da USA e URSS sul territorio europeo. Un risultato storico.

    A Sigonella, dunque, iniziò la parabola ascendente di Craxi. Ma a Sigonella iniziò anche quella discendente. Perché fu proprio nella base siciliana dell'aeronautica militare che Craxi rischiò lo scontro armato tra i nostri Carabinieri e un reparto speciale delle forze armate statunitensi circa la sorte dei sequestratori della nave Achille Lauro. Il presidente del Consiglio intese porsi in difesa della sovranità nazionale e degli interessi politico-diplomatici italiani rispetto al mondo palestinese rifiutando di consegnare Abu Abbas agli americani. 

    Nel corso dell'azione terroristica contro la Achille Lauro era stato assassinato il cittadino statunitense di religione israelita, Leon Klinghoffer, disabile, che si trovava a bordo della crociera come semplice passeggero. Il suo corpo venne gettato in mare. 

    Abu Abbas, che era un alto dirigente palestinese, indusse i quattro miliziani, esecutori materiali del dirottamento, a cessare l'azione terroristica. Ciò avvenne dietro pressione diretta del leader palestinese Yasser Arafat il quale, su richiesta di Craxi, convinse Abu Abbas a recarsi a Porto Said per convincere i dirottatori a desistere. A tutti loro venne promesso dall'Italia un salvacondotto. E però il regista dell'operazione era proprio Abu Abbas, quantomeno per l'intelligence americana e israeliana, ma probabilmente anche per lo stesso Arafat che ad Abbas e non ad altri si era infatti rivolto. In seguito la magistratura italiana ritenne provata la responsabilità di Abbas nell'organizzazione del dirottamento e lo condannò all'ergastolo in contumacia.

    Per farla breve, Bettino Craxi, che era uno statista non privo di orgoglio nazionale e ricco di autostima personale, andò al cozzo con gli americani, come avrebbe potuto fare ad esempio François Mitterrand. Dimenticando che l'Italia non è la Francia, e ciò per tante ragioni troppo lunghe qui da elencare. Spesso il fallimento dipende dalla sopravvalutazione delle proprie forze e dalla sottovalutazione di quelle altrui.

    Gli americani lasciarono cadere Craxi come una patata bollente, sostiene Gennaro Acquaviva. E i tanti anti-craxiani (tra cui i russi) fecero il resto. Il segretario del PSI non era un santo, ma nemmeno meritava il trattamento da "homo sacer" che gli fu riservato da uomini non certo migliori di lui.

 

A quei tempi io ero un giovane ondivago con arie da intellettuale e non capivo nulla di Guerra fredda eccetera. Verso la fine degli Anni Ottanta stesi una lettera non formale nella quale chiedevo di iscrivermi alla sezione del PSI della mia città d'origine. Bettino Craxi non era più premier e Sandro Pertini aveva concluso il suo mandato presidenziale da un paio d'anni. Ma motivai la mia richiesta d'iscrizione con l'apprezzamento per la buona prestazione di governo del leader del PSI e soprattutto per la straordinaria anima socialista impersonata dal Presidente partigiano. 

    Erano gli anni in cui Gianni De Michelis proponeva a Massimo Cacciari di entrare nel partito socialista e Cacciari gli rispondeva che lui era già ricco di suo e quindi la tessera non gli serviva. Non ero fierissimo del PSI di cui entravo a fare parte. Oltre tutto, il mio ribellismo post-sessantottino detestava seguire una tradizione familiare e sia pure per meditata convinzione politica. Non crediate che fossimo tutti ciechi. Alcuni scandali erano già scoppiati a Torino. Ma financo sul piano dell'onestà intellettuale e della pulizia morale l'iscrizione al Partito socialista italiano fu per me una scelta di vita, e passatemi il prestito amendoliano. 

    Fin lì avevo dato il mio voto ora ai Radicali di Pannella, ora ai marxisti critici come Sofri e Rossana Rossanda, ora ai Verdi e anche agli stessi socialisti. Quanto al Pci, ricordo di essermi molto commosso in seguito alla morte di Enrico Berlinguer nel 1984 e di avere poi esultato per il "sorpasso" che quell'anno avvenne alle europee da parte dei comunisti ai danni della Democrazia Cristiana. 

    Qui a Zurigo il mio vecchio professore di filosofia, Rudolf W. Meyer – che conosceva Leibniz, Hegel e Marx a menadito, come dalle nostre parti avrebbe potuto conoscerli solo un Benedetto Croce – mi guardò tra l'ironico e il divertito: «Queste sono specialità un po' troppo interne alla politica italiana perché io possa riuscire a capirle». Gli risposi, secondo la vulgata di allora, che bisognava rompere il monopolio democristiano allo scopo di generare anche in Italia uno spazio politico capace di alternanze e alternative. Anzi, aggiunsi, a quel punto l'aspettativa generale del popolo di sinistra rispetto al PCI era che tutti loro aderissero all'Internazionale Socialista di Willy Brandt.

    Di lì a poco, a Mosca arrivò Gorbaciov. A Botteghe Oscure Achille Occhetto. Al Quirinale il "picconatore" Cossiga. I missili furono tolti da entrambe le parti. E a Berlino il Muro cadde. Fu proprio a Berlino che Occhetto a nome del Pci-Pds chiese a Craxi di entrare nell'Internazionale Socialista. E Craxi gli disse di sì. Tre anni dopo gli attivisti del Pci-Pds, reduci da un comizio romano di Occhetto, coprirono di monetine il leader socialista all'uscita dal Raphaël sottoponendolo a una gragnuola di sputi, minacce e insulti irripetibili. 

    Craxi divenne l'unico esponente politico italiano dopo Cicerone ad avere finanziato attività di partito con mezzi irregolari o illegali. Fu attaccato da grandi industriali che si dichiararono "concussi" e cioè vittime di estorsione (salvo essere condannati per corruzione). Venne trasformato in capro espiatorio dagli altri leader politici che, terrorizzati dal pool di "Mani pulite", giuravano tutti di avere anch'essi le "mani pulite" (salvo seguire la stessa sorte degli industriali di cui sopra). 

    Quanto tempo è passato! Fu uno spettacolo davvero molto avvilente. Certo, ebbero le loro colpe senza se e senza ma i "socialisti rampanti" – molti dei quali furono "rampanti" soltanto, senz'essere mai stati "socialisti" e men che mai divennero tali dopo la caduta di Craxi. Usarono il PSI, la politica, la cosa pubblica: per fare i comodi loro. E sai che novità.

    Dopodiché il nuovo che avanza qui non finisce mai. Con la parola "qui" s'intende un Paese sempre più avvitato nelle proprie furbizie. Chissà se ci si rende ben conto di ciò che provoca tutta questa auto-santificazione populista destinata a creare sempre più dirompenti vuoti politici vocati a essere riempiti da ulteriori furbismi.

    Sul nostro paese è sceso come un incantesimo. 

    Siamo giunti al Parlamento che approva per acclamazione, o quasi, un taglio del numero dei parlamentari in segno di disistima verso se stesso. Auguriamoci che il ventesimo anniversario dalla scomparsa di Bettino Craxi aiuti un minimo di sinderesi. Che cosa vuol dire sinderesi? Un po' come Dante nell'Inferno questa parola simboleggia, secondo alcuni pensatori medievali, la capacità residua da parte dell'uomo di intuire il bene nel male.