di Andrea Ermano
QUALCHE GIORNO FA, il 18 marzo 2009, il Coopi di Zurigo è entrato nel suo 105° anno di attività. Pietro Nenni disse che questa vecchia istituzione di migranti ed esuli rimase sempre, durante tutto il ventennio fascista, un punto di riferimento per chi si batté contro il regime.
Ma la guerra al fascismo, prima in Spagna e poi in Italia, non ha rappresentato l'unico capitolo di una lunga storia. Prima ci fu l'opposizione alla grande guerra, il Manifesto di Zimmerwald, e prima ancora l'organizzazione germinale del sindacato di lingua italiana in Svizzera.
Il Coopi, o in extenso la "Società Cooperativa Italiana Zurigo", nasce in effetti come luogo di focose riunioni sindacali, promosso dai socialisti italiani Armuzzi, Biagini, Dezza, Lezzi e Malpeli. I socialisti vi collocheranno la redazione della loro storica testata, L'Avvenire dei lavoratori, che nel 1905 è anche l'organo dell'Unione Sindacale Svizzera. E nel secondo Dopoguerrà sarà proprio il presidente socialista dell'Unione Sindacale Svizzera, Ezio Canonica, a condurre dal Coopi una grande campagna contro il razzismo e la xenofobia. Una lotta che giungerà a termine nei primi anni Settanta con la sconfitta di Schwarzenbach e delle sue iniziative anti-stranieri.
La fondazione del sindacato, la lotta pacifista contro la prima guerra mondiale, la lotta al fascismo durante il ventennio, la battaglia contro la xenofobia e l'impegno di questi unltimi tempi amari per una sinistra laica e socialista di stampo europeo -- ciascuna di queste fasi ha comportato anni e anni di lavoro e di sacrifici. La cui somma sono per l'appunto un secolo e più di storia.
Ma nell'entrare in questo 105° anno di attività, vorrei offrire uno scorcio sulla vita interna del Coopi, una volta tanto senza grandi immagini panoramiche. Vorrei dedicare qualche riflessione allo "Stammtisch", cioè alla nostra tavolata conviviale che si riunisce ogni settimana e che considero uno dei fattori che negli ultimi anni meglio hanno contribuito a rendere possibile il conseguimento di un traguardo, non certo ovvio né scontato.
Lo "Stammtisch" -- che è anche il soggetto del quadro comensoliano con Ezio Canonica, Werther Ravaioli, Edda Ferrari-Burrino e altri, esposto da qualche decennio ormai al Coopi -- rappresenta una vecchia consuetudine, coltivata dai nostri predecessori e reintrodotta alcuni anni fa per impulso di Alexander Weber come spazio conviviale del comitato direttivo, spazio aperto a cooperatici, cooperatori e simpatizzanti nel quale ci occupiamo in modo informale di anticipare e prefigurare temi rilevanti per le nostre attività. Prefigurare, in questi anni di campane a morto, non è stato facile, perché dalla caduta del Psi in Italia alcuni avrebbero gradito mettere le manine anche sul centro estero socialista, per cancellarlo.
Ma lo "Stammtisch" del Coopi ci ha aiutato a superare fasi anche drammatiche, con l'arma della serenità, un bicchiere di rosso, un piatto di penne fumanti, trasparenza, coscienza pulita... Tra gli animatori del nostro piccolo convivio per una grande idea che non muore vorrei qui menzionare, senza far torto a nessuno, coloro che hanno preso parte più assiduamente all'appuntamento settimanale. Oltre ai soci d'onore Mario Barino e Renzo Balmelli, cito Maria Ermano-Satta, Hanspeter Meyer, Maurizio Montana ed Alexander Weber.
Lo "Stammtisch" costituisce uno specchio abbastanza fedele dei pregi e difetti. In esso si riflettono le nostre capacità di "vedere" i problemi e prefigurare delle soluzioni, dicevo. Ma questo "specchio" ci aiuta anche nella consapevolezza, non meno preziosa, delle difficoltà e dei limiti che sempre accompagnano il nostro umano agire. Perché "per quanti sforzi tu faccia, alla fine resteranno sempre un profugo al quale non hai prestato sufficiente soccorso e uno squadrista al quale non hai sufficentemente riempito la faccia di schiaffoni", come mi disse Ettore Cella-Dezza, qualche settimana prima di spegnersi alla veneranda età di novant'anni.
Personalmente, sono convinto che il metodo dialogico e conviviale potrà darci una mano ad affrontare le grandi sfide sociali che si stanno delineando all'orizzonte, a causa della crisi economica globale nella quale siamo entrati.
Sarebbe ingenuo illudersi che queste sfide non interpelleranno, uno a uno, anche ciascuno di noi.
Ed è saggio allora, a mio giudizio, consolidare il lavoro fatto nel Coopi affinché questra vecchia istituzione possa permetterci -- come luogo d'incontro -- di essere meno soli, indicando nel contempo un esempio di impegno politico, sociale, editoriale, ma nell'amicizia. Non come in certa sinistra dove tutti odiano tutti, divorati come sono da ambizioni elettoralistiche di bassa lega, che trasformano ogni compagno in un potenziale avversario.
No. Occoorre più grandezza, bisogna saper guardare oltre il proprio orticello. E lavorare insieme agli altri, il che presuppone la capacità di apprezzarli, di valorizzarli, gli altri, e non quella pur tanto diffusa, di svilirli e umiliarli. Non dimentichiamo che il nostro socialismo umanista è anche e soprattutto un'attitudine morale, cioè di rapporto con gli altri, con ciascun singolo non meno che con l'umanità in generale.
Perciò, per tutto ciò considero l'appuntamento dello "Stammtisch" una insostituibile riserva affettiva e umana. E per queste ragioni il valore del Coopi è destinato, secondo me, a crescere nei prossimi anni. Le difficoltà non sono certo finite, ma mi pare di vedere, quanto al Coopi, una luce in fondo al tunnel.
Qualche giorno fa, a sera, guardando la sala da pranzo del Coopi, con attenzione, nel cercar d'immaginare come essa apparirebbe in una foto per internet (ne avevamo parlato poco prima proprio allo "Stammtisch"), mi sono reso conto, ancora una volta, della meravigliosa galleria comensoliana nella quale abbiamo il privilegio di trascorrere splendide ore conviviali.
Sarà un effetto collaterale di "Piazza Cella", lo spazio urbano che la Città di Zurigo due settimane fa ha inaugurato con denominazione in italiano per onorare Erminia ed Ettore Cella, due grandi esponenti del Coopi, sarà quel che sarà, ma prima d'ora non ero mai stato così consapevole di questo sentimento: voglio davvero bene al luogo di questa nostra "idea che non muore". E so di non essere il solo in questo profondo affetto. Ho sinceramente fiducia che i frutti presto arriveranno. I fatti ci stanno dando ragione. La riscossa della sinistra italiana seguirà.
A tutte e a tutti un buon anniversario dal centro estero socialista.