mercoledì 1 maggio 2013

Un bel regalo

di Andrea Ermano


A questo esecutivo Letta jr non possiamo non essere contrari. Anche se ci vuol giudizio, perché il Paese va pur governato da qualcuno, dopo il ventennio sfascista.

I "cattolici" si sono dati appuntamento a Palazzo Chigi non nascondendo neppur tanto l'ambizione di rilanciare la DC in vista dell'uscita di scena del Cav? Vorrà dire che a sinistra occorre darsi appuntamento dentro a quel grande partito socialista di stampo europeo che solo può fornire un'alternativa alla miseria della situazione.

Occorre un'altra governabilità. La cosiddetta seconda repubblica è finita, e con essa il tentativo di realizzare la "transizione" a colpi di manipolazioni di rango costituzionale, via via improvvisate secondo le esigenze momentanee del potente di turno. Speriamo che l'establishment ora ci dia delle riforme serie, e anzitutto una forma di governo plausibile.

Occorre approdare a una riconfigurazione europea, da "paese normale". E poco importa se conseguiremo ciò sulla base del cancellierato, del presidenzialismo o di quant'altro. Importa molto, invece, che gli italiani possano esprimere il proprio indirizzo sulla forma di Governo, come già accadde a riguardo della forma di Stato nel 1946, quando insieme alla scheda per la Costituente le elettrici e gli elettori ne ricevettero un'altra, per il "Referendum istituzionale".

Analogamente alla consultazione che allora stabilì se la nuova Italia uscita dalla guerra nazifascista dovesse assumere un assetto monarchico o repubblicano, saggio sarebbe oggi – da parte di un "Parlamento di nominati" consapevole del proprio deficit di legittimazione – interpellare il popolo, prima di stabilire se la futura forma di Governo debba seguire un modello alla tedesca, alla francese o all'americana.

Solo su questa base la "Commissione costituente" potrebbe procedere a un riassetto istituzionale della seconda parte della Costituzione e di una legge elettorale coerente con l'assetto prescelto.
Ciò premesso, ribadiamo dunque che a questo esecutivo non possiamo non essere contrari. Contrari, ma non insensibili al valore della "lealtà". È stato un bel momento qualche giorno fa l'applauso scrosciante tributato a Pierluigi Bersani dai deputati d'ogni parte politica quando Letta all'inizio del suo discorso programmatico ha ringraziato l'ex segretario del PD per la gran mano prestatagli in questi giorni affinché il "governo di servizio" potesse nascere.
Purtroppo, il "governo del cambiamento" che Bersani avrebbe voluto si è rivelato irrealizzabile, anche perché il segretario uscente ha commesso un errore fatale. Come gli sarà venuto in mente di scavallare da Marini a Prodi in piena mischia per il Quirinale? Un vero miracolo che non si sia rotto l'osso del collo.

Dopodiché, non tutti i mali vengono per nuocere. Renzi per esempio si è probabilmente rottamato con le sue stesse mani, sia come premier, sia come segretario PD. Firenze ha di nuovo un sindaco.

Auguriamoci solo che il Capo comico non riesca ancora per molto a congelare all'opposizione un quarto degli elettori italiani, come ai tempi in cui Beria filava. Sarebbe il remake di "Democrazia bloccata", un film lunghissimo. Che iniziò nel 1947. I due attori principali recitavano una DC "sempre al governo" e un PCI "sempre all'opposizione", a ruoli fissi, impedendo qualsiasi alternativa. Sono finiti sotto le macerie del Muro di Berlino. Riuscirà l'animo gattopardo di lor signori a replicare ilplot di "Democrazia bloccata" con Letta nella parte di De Gasperi e Grillo in quella di Togliatti? Ne dubitiamo.

Occorre un'altra governabilità. E anche perciò una sinistra unificata a guida socialista – con saldi legami europei e internazionali – rappresenta per tutti noi l'obiettivo ovvio, logico, ragionevole e persinonecessario: affinché il popolo lavoratore abbia di nuovo chi lo rappresenti sul piano politico in modo efficace e affinché l'Italia repubblicana disponga di una carta di riserva nel giorno del poi e del non si sa mai.

Questo consiglierebbe una semplice norma di precauzione democratica, valida in tutti gli altri paesi europei. Sarebbe il più bel regalo che la sinistra italiana può fare a se stessa e all'intero Paese.

Il prossimo anno l'Internazionale fondata da Carlo Marx a Londra – e segnatamente alla St. Martin's Hall il 28 settembre del 1864 – compirà 150 anni. Dobbiamo festeggiare, perché la massima di allora vale anche oggi: Lavoratori di tutti i paesi, unitevi! Ma prima della prima Internazionale – si parva licet e se lor signori lo consentono – noialtri da queste colonne ci permetteremo di ricordare anche il 120° dalla nascita del Centro estero socialista, avvenuta allo Stuessihof di Zurigo il 17 febbraio del 1894. Frattanto, buon primo maggio a tutte e a tutti

lunedì 29 aprile 2013

Il principio di responsabilità

Il clima sta diventando un po' meno comodo, diciamo la verità. Quindi, ci produce problemi come inondazioni, cicloni e altre cose diverse da quelle che ci aspettiamo.

di Andrea Ermano


Le parole di cui sopra non sono una metafora politica, ma il commento (qui citato a memoria) che qualche giorno fa un ricercatore ha rilasciato a RaiNews24 in occasione della "Giornata mondiale della Terra". Ecco il dato più rilevante della settimana. Stiamo prendendo coscienza del fatto che dietro alla crisi morale e sociale e finanziaria, si delinea la crisi vera: quella del nostro modello di civiltà. Di cui il surriscaldamento è un effetto.

Intanto, nel cielo della Città Eterna parole sibilanti come fuochi d'artificio – "Tradimento!", "Situazione eccezionale!", "Sindrome di Weimar!" – hanno rigato di sinistri bagliori un'indescrivibile finale notturno della Grande Esaustione Tattica, esaustione lunga vent'anni e chiamata "Seconda Repubblica".

Adesso siamo qui, un po' allocchiti. E dietro la fine del bipolarismo all'italiana già intuiamo che la Grande Esaustione Tattica è, come dire, più grande: investe l'intera Unione, ben oltre la stupidità con cui è stata gestita l'impresa monetaria comune.

Ho sentito da poco il filosofo Peter Sloterdijk pronosticare pessimista un futuro aumento in Europa delle conflittualità tra la "periferia meridionale" e il "centro franco-tedesco". Pareva eccessivo. Invece, nel giro di pochi giorni, il suo pessimismo è stato corretto al ribasso. Anche il centro carolingio sembra entrato in oscillazione.

Il Louvre, per dire, ospita De l'Allemagne – un'esposizione dedicata a "riflettere intorno ai grandi temi strutturanti il pensiero tedesco". Poiché l'epoca prescelta è quella che va dalla Restaurazione anti-napoleonica all'aggressione bellica hitleriana, si tratta ovviamente di una riflessione severa. E così, i giornali dell'altra parte del Reno, da Berlino a Francoforte, insorgono contro la rinascita di "umori antitedeschi" a Parigi. La Germania si ribella nel vedere ridotta la sua vicenda a "un sentiero solitario verso la catastrofe".

L'Europa torna alle sue vecchie nevrosi? I francesi temono nuovamente la Prussia guerrafondaia e i tedeschi l'indolenza solo apparente della Gran Madre Russia? Ma non si erano già consumati due secoli, sanguinosissimi, di storia contemporanea su questo asse di fobie nazionali?

Altro esempio. Da Hildesheim l'editore Olms pubblica un libro dal titolo: 2112 – Die Welt in hundert Jahren. È tutto dedicato a come potrebbe essere il mondo tra un secolo. Il volume, curato da un giornalista culturale austriaco, ospita una ventina di saggi che prefigurano i prossimi cento anni in rapporto ai temi più vari e disparati, incluso lo stato dell'UE.

Sul dépliant si legge: "Dopo la Secessione in Italia nacque l'Unione Mitteleuropea. Intorno al territorio che era stato un tempo quello dell'Impero asburgico, venne a formarsi durante il XXI secolo uno stato federale, da Firenze a Kiel, da Ginevra a Budapest e da Amsterdam fino a Varsavia".

Sembra la macro-regione del dio Po, in stile pangermanista. Dopodiché il pendolo geo-politico della storia universale potrebbe anche allontanarsi dalla pesca del merluzzo nei fiordi verso una nuova centralità mediterranea. E comunque: perché stupirsi se dal Louvre partono le prime salve?
Mi viene in mente l'incontro a Sant'Anna di Stazzema tra Napolitano e il presidente della Repubblica federale, Gauck; incontro promosso da Enrico Pieri, presidente dell'Associazione Martiri di Sant'Anna: "Mi fa molto piacere è un momento particolare per l'Europa ed è bene che vengano a rendere omaggio ai martiri di Sant'Anna" – ha detto Pieri dopo la cerimonia con i due capi di Stato.

"All'epoca dei fatti avevo dieci anni e nella strage persi entrambi i genitori. Verso la Germania avevo molto rancore. Quando De Gasperi nel dopoguerra ci spedì a 'imparare le lingue' non mi volevo avvicinare a quel paese. Ho fatto 32 anni di emigrante in Svizzera negli anni 70 poi si stava formando l'Europa. Come potevo portare rancore ad un paese che ne faceva parte? Allora ho mandato mio figlio a scuola di tedesco".

Chissà che cosa direbbe il figlio di Enrico Pieri se leggesse in tedesco il menzionato passo sulla "Unione Mitteleuropea da Firenze a Kiel"?

"Io ho 80 anni", – spiega il sopravvissuto di Sant'Anna. – "È passato quasi un secolo da quel maledetto 12 agosto. Ora sono e mi sento cittadino europeo. Vedo male il futuro dell'Italia. E il futuro dell'Europa non lo vedo troppo. Però non voglio essere pessimista. Anche stamani ai ragazzi che sono venuti in visita al museo ho detto: voi mi dovete dare una mano. Dovete impegnarvi per il futuro. Dovete costruire l'Europa".

Pieri ha ragione.

Dobbiamo costruire l'Europa

Ma per farlo, bisogna dare un senso a questa storia. Che non può essere la Germania nella parte di Biancaneve, mentre Firenze, Kiel, Vienna, Varsavia, Amsterdam e Ginevra si acconciano nei panni dei sette nani. Pensare l'Europa senza pensare all'intera umanità, significa predisporre "ancora una volta per la prima volta" l'autodistruzione bellica dell'intero continente.

Di più, se il nostro continente non si pone il problema di dare una spinta generosa, molto più generosa, alla costruzione di una Governancepacifica ed equa della globalizzazione, è del tutto evidente che il clima diverrà meno, molto meno, comodo per tutti, ovunque.

Questa – ripetiamolo – non è una metafora.

Come dice Al Gore, l'ex vicepresidente Usa e premio Nobel per la Pace, noi non possiamo affrontare il surriscaldamento climatico senza agire "come genere umano", per quanto questo possa apparirci una stravagante utopia.

Ecco allora il senso della tensione ideale. La percezione della sfida cosmopolitica getta luce anche sui problemi dell'Italia. Perché l'essenza ultima del Politico è anzitutto l'arte della misura, che si manifesta come capacità di guardandosi dal "Troppo" come dal "Troppo poco". Lo diceva già Platone.
Se l'eccesso ideologico è la peste, anche l'assenza totale di tensione è peste ideologica. Inversamente, l'idea di "dare un senso a questa storia" non era sbagliata. Tutt'altro. Ma un Ulisse troppo buono può non preservare dei marinai troppo "senza bandiera" dal loro plateale naufragio politico collettivo.
In ultima istanza, la serietà politica è riassunta bene nelle parole a doppio taglio di Pier Luigi Bersani dopo la sconfitta: "Se ci sono degli irresponsabili, la responsabilità è del responsabile".