lunedì 25 maggio 2009

REFERENDUM. CECCANTI, SI MOTIVA L'ASTENSIONE CON  IMPROBABILI SCENARI FANTAPOLITICI

Care compagne e compagni,
care amiche e amici,
 
sullo scorso numero dell'ADL Felice Besostri e io abbiamo invitato all'astensione prendendo chiaramente posizione contro il Super-Porcellum (una posizione, sia detto per inciso, analoga a quella assunta sul Corriere da Sartori). In particolare nel mio editoriale menzionavo uno scenario messo in conto da Massimo Bordin a colloquio con Stefano Passigli su RED TV, che è la TV della Fondazione ItalianiEuropei (quella con D'Alema presidente, per intenderci):

    "Se passa il referendum, dice Bordin, Berlusconi e i suoi potranno affermare che, mutata la legge elettorale, occorre sciogliere il Parlamento per andare a nuove elezioni. -     In forza del nuovo sistema elettorale, che è stato definito un Super-pocellum perché premia il partito di maggioranza relativa, Berlusconi ritornerebbe in Parlamento con il 55% dei seggi. Assommati a quelli della Lega e di altri alleati minori le destre potrebbero superare la soglia del 66% dei seggi. -    Questa "maggioranza qualificata" consentirebbe loro di mettere in cantiere una riforma costituzionale non più soggetta a vincoli di conferma referendaria. In tal modo verrebbe introdotta, senza possibili resistenze, l'elezione diretta del Capo dello Stato. -   A quel punto diranno a Napolitano che farebbe bene a dimettersi...      Insomma, tra due o tre anni Berlusconi potrebbe salire al Colle, divenendo capo praticamente assoluto dell'Italia... vediamo stagliarsi il mostruoso Super-Porcellum.Grazie al quale potremmo presto veder salire il Cavaliere al Quirinale, con una dotazione di potere esecutivo rafforzato fatto salvo il perdurante potere di nomina dei parlamentari (liste bloccate!). -    Senza contropoteri!".

    Ognuno capisce che se questo scenario si avverasse sarebbe una vera e propria sciagura per la democrazia.
    Qui sotto vi trasmetto la posizione del sen. Ceccanti, fattami pervenire dall'ufficio stampa, del PD che in tal proposito lamenta "improbabili scenari fantapolitici". Che egli pensa sostanzialmente di confutare con l'argomento che segue: "Ma siccome c'è il premio che altera la proporzionalità a favore del Pdl (si ipotizza un 40 per cento dei voti e un 54 per cento dei seggi), per le altre forze la proporzionalità è compressa, e quindi il rimanente 13 per cento dei seggi corrisponderebbe al 17-18 per cento dei voti, che non si otterrebbe nemmeno sommando Lega e Udc e altre forze minori né coi voti di oggi né tanto meno con quelli successivi alla compressione legata al voto utile".

    Possiamo dunque stare tranquilli? Non ne sono del tutto sicuro, perché Ceccanti "ipotizza" un 40% al PDL e quindi molto dipende in sostanza dalla forza (in crescita) della Lega. Data la posta in palio vi invito a riflettere e, qualora lo riteniate, a farci avere vostre considerazioni, da pubblicare sull'ADL, che penso debba schierarsi (per quel che vale) a favore dell'astensione.

 
Cordialmente
Andrea Ermano
 
 


----- Original Message -----
From: federica.serra@senato.it

 
Sent: Wednesday, May 20, 2009 2:59 PM
Subject: REFERENDUM. CECCANTI, SI MOTIVA L'ASTENSIONE CON IMPROBABILI SCENARI FANTAPOLITICI


REFERENDUM. CECCANTI, SI MOTIVA L'ASTENSIONE CON  IMPROBABILI SCENARI FANTAPOLITICI

"Dei vari argomenti che vengono utilizzati per scoraggiare i cittadini ad andare a votare i referendum sulla legge elettorale c'è quello della normativa che ne uscirebbe qualora vincessero i si". Lo spiega, in una nota, il senatore del Pd Stefano Ceccanti che così continua: "L'argomento che proprio non regge è quello secondo cui il Pdl potrebbe arrivare primo da solo e al 54 per cento dei seggi. Poi, dopo il voto, farebbe accordi con la Lega e forse anche con qualche altra forza minore per cambiare la Costituzione coi due terzi dei seggi rendendo impossibile il referendum oppositivo. Siamo alla fantapolitica".
"La legge vigente - spiega - già prevede che al primo partito (anche una sola lista) vada il 54 per cento dei seggi alla Camera a livello nazionale e al Senato su base regionale. Se il Pdl si sentisse tanto forte potrebbe farlo già da adesso, a prescindere dall'esito dei referendum, anche se correrebbe dei rischi al Senato perché in molte regioni del Nord ci sarebbe una partita a tre Pdl-Pd-Lega dall'esito non scontato.
"Se il Pdl andasse da solo, lo scontro con gli ex-alleati, a cominciare dalla Lega, diventerebbe più aspro perché il Pdl dovrebbe brandire l'argomento del 'voto utile'. A quel punto non si capisce come e perché la Lega e qualcun altro, sconfitti alle urne e ridimensionati dovrebbero poi accordarsi ex post in un sussulto di altruismo verso il proprio killer quando - osserva Ceccanti - in genere i rancori per gli scontri elettorali tra i partiti e nei partiti si trascinano per decenni. Ma - aggiunge Ceccanti - ammettendo per assurdo che la fantapolitica diventi realtà vi sarebbe un insuperabile problema numerico. Se il Pdl arrivasse al 54 per cento dei seggi in entrambe le Camere, e quindi anche al senato, avrebbe bisogno di un altro 13 per cento di seggi in Parlamento. Ma siccome c'è il premio che altera la proporzionalità a favore del Pdl (si ipotizza un 40 per cento dei voti e un 54 per cento dei seggi), per le altre forze la proporzionalità è compressa, e quindi il rimanente 13 per cento dei seggi corrisponderebbe al 17-18 per cento dei voti, che non si otterrebbe nemmeno sommando Lega e Udc e altre forze minori né coi voti di oggi né tanto meno con quelli successivi alla compressione legata al voto utile. Sul piano politico, inoltre, non si capisce perché, dopo un grande successo elettorale alle elezioni politiche, il vincitore dovrebbe rinunciare a priori a tentare di raddoppiare il successo in un referendum dove il quorum non è previsto e a cui arriverebbe probabilmente col vento in poppa".      
 "Sono convinto - conclude Ceccanti - che dovremmo dedicare più tempo a chiedere voti al Pd per le europee e le amministrative per evitare che, mentre si discute di incubi improbabili di fantapolitica che potrebbero produrre le regole, se ne verifichino altri senza bisogno di cambiare le regole".    

Federica Serra
Ufficio stampa Partito Democratico
Senato della Repubblica
Tel. 06.67062908 - 848
Cell. 347.9529708
e - mail:
federica.serra@senato.it

venerdì 22 maggio 2009

Super porcellum

Il modo in cui l'Italia viene percepita negli altri paesi non può lasciarci freddi, se non altro perché esso influisce sul benessere di tutti che dipende dalla massa e dalla qualità degli interscambi, i quali a loro volta dipendono in misura non trascurabile dalla credibilità internazionale. E la situazione della nostra credibilità all'estero è questa: nei vari rapporti personali o di lavoro emerge regolarmente una nota di compatimento nei riguardi del nostro Paese legata all'attuale presidente del consiglio.

    Berlusconi è quel bizzarro signore molto ricco che, lo ricordava Emma Bonino, fa cucù alla cancelliera Merkel in visita di Stato a Trieste, fa stupide battute sulle "kapò" al Parlamento di Strasburgo, fa le corna durante i vertici internazionali in Spagna, fa presente a Sarkozy "di avergli dato la sua donna", e questo nel bel mezzo di una conferenza stampa congiunta a Roma...

    Indagato e coperto d'immunità, questo bizzarro signore molto ricco presiede il Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana nonostante le sue dubbie amicizie, nonostante un conclamato conflitto d'interessi e nonostante la sua condizione d'ineleggibilità essendo egli concessionario di servizio pubblico.

    Come stupirsi allora se, in ogni conversazione con conoscenti stranieri e in ogni scambio di battute con partner esteri, sempre cade la parola "Berlusconi", con sottintesi non propriamente elogiativi?

    Il danno d'immagine, cioè di credibilità, è evidente.

    D'altronde, se noi italiani prendiamo alla leggera regole e buonsenso a tal punto da affidare il timone a un uomo cosiffatto, perché mai dovremmo essere presi sul serio?

    Senza contare le foto, che hanno fatto il giro del mondo, sui saluti fascisti al Campidoglio o negli stadi di calcio, i "respingimenti" a Pantelleria, le condanne del segretario generale dell'ONU e lo stigma del Presidente Napolitano contro la "retorica xenofoba". Le controreazioni dei ministri e giornali destrorsi a queste autorevolissime prese di posizione ci appaiono per lo più indegne e eirripetibili.

    Inesorabilmente, giungono così a scadenza anche le ultime linee di credito che a suo tempo vennero aperte a favore di noi "Italiani brava gente". Era questo un celebre film degli anni Sessanta. Un apprezzato giornalista italo-australiano, Pietro Schirru, lo utilizza tutt'ora per titolare la sua rubrica sui giornali di Sydney. Ma ormai il lascito positivo d'immagine del grande cinema italiano del Dopoguerra, eredità di una stagione di grande impegno anche culturale antifascista, è un meccanismo di simpatia inceppato... Inceppato dallo strapotere interno di una destra televisionaria in rumorosa regressione verso livelli che, per alcuni versi, ricordano il "ventennio". 

    Né tutto questo avviene per caso, perché il sistema (piduista) di lobbies facente capo a Berlusconi esisteva ben prima della sua "discesa in campo" ed è stato inalveato nell'alleanza vaticana per sopravvivere a Berlusconi stesso, grazie un "blocco sociale" che è quello che è.

    Quindi i sondaggi oceanici del Cavaliere aumentano le perplessità nell'opinione pubblica internazionale e riducono ulteriormente la nostra credibilità: "Che cosa sta succedendo in Italia?" Se lo chiedevano già quindici anni or sono, gli osservatori internazionali. Figuriamoci oggi.

    Ed è in questo contesto, si badi, che tra poco più di un mese andrà in scena il referendum elettorale di Guzzetta e Segni. Se il "Sì" prevalesse, confortato dal quorum, il Pdl andrebbe all'incasso, stravolgendo in modo definitivo e irreparabile ogni residuo equilibrio istituzionale.

 

Lo scenario è stato riassunto alcuni giorni fa da Massimo Bordin in colloquio con Stefano Passigli su RED TV. Se passa il referendum, dice Bordin, Berlusconi e i suoi potranno affermare che, mutata la legge elettorale, occorre sciogliere il Parlamento per andare a nuove elezioni.

    In forza del nuovo sistema elettorale, che è stato definito un Super-pocellum perché premia il partito di maggioranza relativa, Berlusconi ritornerebbe in Parlamento con il 55% dei seggi. Assommati a quelli della Lega e di altri alleati minori le destre potrebbero superare la soglia del 66% dei seggi.

    Questa "maggioranza qualificata" consentirebbe loro di mettere in cantiere una riforma costituzionale non più soggetta a vincoli di conferma referendaria. In tal modo verrebbe introdotta, senza possibili resistenze, l'elezione diretta del Capo dello Stato. 

    A quel punto diranno a Napolitano che farebbe bene a dimettersi...

    Insomma, tra due o tre anni Berlusconi potrebbe salire al Colle, divenendo capo praticamente assoluto dell'Italia, un capo noto in tutto il mondo per le cose che già abbiamo detto. Ma non le abbiamo dette tutte. Perché c'è ancora l'"affare privato" che l'oipinione pubblica internazionale ha recepito più o meno così: "La moglie non ne poteva più. Berlusconi (72 anni): Divorzio per una diciottenne". Che dire?

    Dai tempi di papa Borgia, il quale coltivava rapporti scabrosissimi con la figlia Lucrezia, è difficile ravvisare un livello di vergogna superiore a quello che attualmente pesa sulla nostra povera Italia.

    Ma abbiamo raggiunto almeno il pavimento? Possibile che un Paese che ha tremila anni di storia scivoli ulteriormente sulla china attuale?

    Sì, purtroppo, è possibile. Ed è possibile proprio perché all'orizzonte, come s'è detto, vediamo stagliarsi il mostruoso Super-Porcellum. Grazie al quale potremmo presto veder salire il Cavaliere al Quirinale, con una dotazione di potere esecutivo rafforzato fatto salvo il perdurante potere di nomina dei parlamentari (liste bloccate!).

    Senza contropoteri!

    Un Settantaduenne che "frequenta le minorenni"?!

    Non possiamo allora non domandarci se il futuro capo-di-tutto non soffra di una grave fissazione.

    È questo narcisismo patologico a indurre il Settantaduenne ai convegni privati con le veline? È questo narcisismo patologico che induce il Settantaduenne a farsi reimpiantare la nera chioma? È questo narcisismo patologico a indurre il Settantaduenne a rifiutare il corso naturale del tempo e dunque ogni basilare saggezza di vita?

    Per carità, intendiamoci, i leader hanno ciascuno una sua psico-patologia. Ma c'è un limite a tutto. Sull'amicizia con Noemi, la ragazzina che aspirava a diventare velina (e dopo, magari, anche deputata) -- Berlusconi ha fornito una versione poco chiara.

    Su ciò il quotidiano "La Repubblica" ha posto alcune domande. Legittime. Anzi, doverose.

    Finora la risposta dell'interessato è consistita nel sollevare una polemica-polverone, lanciando oscure accuse di complotto all'indirizzo del giornale.

    Ciò non fuga, ma aggrava nell'opinione pubblica il sospetto che egli abbia recato oltraggio alle leggi, spudoratamente, mentendo sul proprio operato, e contestando (in veste presidente del Consiglio!) la libertà di stampa.

 

 

martedì 12 maggio 2009

Guardare avanti senza dimenticare

Il discorso del presidente Napolitano nel Giorno della Memoria per le vittime del terrorismo: "Guardare avanti senza mai dimenticare o rimuovere quel che è accaduto".

 
Questa seconda celebrazione del “Giorno della Memoria”, istituito con legge del 4 maggio 2007, si pone in piena continuità con la celebrazione dello scorso anno, tendendo ad arricchirne, nello stesso spirito, il quadro di riferimento e la valenza storica. Il 9 maggio 2008 concentrammo l’attenzione –– sulla vicenda e sulle figure delle vittime del terrorismo italiano : e riprenderò anche oggi quel filone sempre così scottante e sensibile.

    Ma in primo luogo saluto lo sforzo che si è fatto per integrare in una visione unitaria e pienamente comprensiva del “Giorno della Memoria” il ricordo degli italiani, militari e civili, caduti nelle missioni che hanno visto il nostro paese impegnato, in diverse aree di crisi, a sostegno della pace e contro il terrorismo internazionale. A ricordare quei caduti e ad onorarne la memoria ha dato un essenziale, esauriente contributo l’impegno, e in special modo la bella pubblicazione del Ministero della Difesa. Si parte dai precedenti più lontani, dagli anni ’50 e ’60 del secolo da poco conclusosi, per giungere alla lunga teoria dei sacrifici di vite italiane nelle maggiori missioni degli anni ’90 e dei primi anni 2000 in Kossovo, in Irak, in Afghanistan. Quei volti, quelle medaglie ci raccontano storie di dedizione alla causa, di coraggio e di eroismo, che toccarono il culmine in quel tragico 12 novembre di oltre 5 anni fa a Nassirya, e che era giusto venissero tutte rievocate e onorate. Desidero ringraziare personalmente il ministro della Difesa per questo risultato, che concorre a rendere sempre più rappresentativa la celebrazione del “Giorno della Memoria”.

    Nello stesso tempo rivolgiamo oggi la nostra attenzione e il nostro omaggio alle vittime delle stragi di matrice terroristica. Già un anno fa, in questa sala, ricordai come a partire dalla fine degli anni ’60 dello scorso secolo “si incrociarono in Italia diverse trame eversive, da un lato di destra neofascista e di impronta reazionaria, con connivenze anche in seno ad apparati dello Stato, dall’altro di sinistra estremista e rivoluzionaria”, fino al “dilagare del terrorismo delle Brigate Rosse”. Fu quest’ultimo, dominante fenomeno che mettemmo allora a fuoco, assumendo come emblematico il terribile momento dell’uccisione, dopo angosciosa prigionia, di Aldo Moro, alla cui personalità e al cui sacrificio indirizzo nuovamente il mio riconoscente pensiero, salutandone affettuosamente i famigliari.

    Nell’odierna celebrazione mettiamo invece a fuoco la prima di una serie di vicende devastanti : la strage di Piazza Fontana a Milano, di cui sta per ricorrere il quarantesimo anniversario.
Ricordare quella strage e con essa l’avvio di un’oscura strategia della tensione, come spesso fu chiamata, significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda di indagini e di processi, da cui non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria. E ciò vale, lo sappiamo, anche per altri anelli di quella catena di stragi di matrice terroristica che colpì sanguinosamente città come Milano, Brescia, Bologna e altre, e di cui procedimenti giudiziari e inchieste parlamentari identificarono l’ispirazione politica ma non tutte le responsabilità di ideazione ed esecuzione. Se il fine venne indicato nella creazione di un clima di convulso allarme e disorientamento e quindi in una destabilizzazione del sistema democratico, fino a creare le condizioni per una svolta autoritaria nella direzione del paese, componenti non secondarie di quella trama – in particolare “l’attività depistatoria di una parte degli apparati dello Stato” (così definita nella relazione approvata nel 1994 dalla Commissione stragi del Parlamento) – rimasero spesso non determinate sul piano dei profili di responsabilità, individuali e non solo.

    E’ ancora in corso il processo per la strage di Piazza della Loggia, e c’è da augurarsi che in tale sede si riesca a giungere a valide conclusioni di verità e di giustizia, e che anche in rapporto ad altre stragi siano possibili ulteriori sforzi per l’accertamento della verità. Desidero però dire che per quante ombre abbiano potuto pesare sulla ricerca condotta in sede giudiziaria e per quante riserve si possano nutrire sulle conclusioni da tempo raggiunte, non si possono gettare indiscriminati e ingiusti sospetti sull’operato di quanti indagarono e in particolare sull’operato della magistratura, esplicatosi in molteplici istanze e gradi di giudizio.

    E’ parte – dobbiamo dirlo - , è parte dolorosa della storia italiana della seconda metà del Novecento anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia, in special modo nel perseguimento e nella sanzione delle responsabilità penali per fatti orribili di distruzione di vite umane. Il nostro Stato democratico, proprio perché è sempre rimasto uno Stato democratico e in esso abbiamo sempre vissuto, non in un fantomatico “doppio Stato”, porta su di sé questo peso : voglio dirlo nel modo più responsabile e partecipe a quanti hanno sofferto non solo per atroci perdite personali e famigliari, ma per ogni ambiguità e insufficienza di risposte alle loro aspettative e ai loro appelli.
E’ comunque importante che continui una riflessione collettiva, sullo stragismo come sul terrorismo, in uno con lo sforzo costante per coltivare e onorare la memoria delle vittime. E per entrambi gli aspetti non posso che esprimere gratitudine alle Associazioni e alle persone che garantiscono un così essenziale impegno civile e morale.

    Nello stesso tempo, questo “Giorno della Memoria” ci offre l’occasione per accomunare nel rispetto e nell’omaggio che è loro dovuto i famigliari di tutte le vittime – come ha detto con nobili parole Gemma Calabresi – di una stagione di odio e di violenza. Rispetto ed omaggio dunque per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un’improvvisa, assurda fine.

    Qui non si riapre o si rimette in questione un processo, la cui conclusione porta il nome di un magistrato di indiscutibile scrupolo e indipendenza : qui si compie un gesto politico e istituzionale, si rompe il silenzio su una ferita, non separabile da quella dei 17 che persero la vita a Piazza Fontana, e su un nome, su un uomo, di cui va riaffermata e onorata la linearità, sottraendolo alla rimozione e all’oblio. Grazie signora Pinelli, grazie per aver accettato, lei e le sue figlie, di essere oggi con noi.

    Dicemmo un anno fa che è importante – anche se difficile, penoso, duro – riuscire a guardare avanti, senza dimenticare quel che è accaduto ma superando ogni istintivo rancore : e a proposito dei famigliari delle vittime dell’intolleranza e della violenza politica, mi hanno colpito le parole libere da rancore che ho di recente ascoltato dai famigliari dei fratelli Mattei travolti nell’orrendo rogo doloso di Primavalle dell’aprile 1973.

   Guardare avanti ma senza – lo ripeto – mai dimenticare o rimuovere quel che è accaduto : anche e soprattutto per sventare ogni rischio che tornino i fantasmi del passato. Fantasmi come quelli del terrorismo rosso, che sono ancora di recente apparsi alla sbarra nel processo in corso a Milano. Fantasmi che non possono essere facilmente esorcizzati, sapendo come gli impulsi alla predicazione ideologica estremista e all’azione violenta potrebbero essere alimentati strumentalizzando nuove tensioni sociali in un eventuale contesto di difficoltà economiche acute.

    Occorre perciò sviluppare un impegno costante di trasmissione della memoria e di diffusione della cultura della tolleranza, della convivenza pacifica, dell’esercizio dei diritti civili e sociali nell’ambito della legalità costituzionale. E occorre coniugare tale impegno con il massimo di attenzione e di rigore verso ogni tendenza di segno opposto.

    E’ per me motivo di soddisfazione constatare come il messaggio partito di qui un anno fa per il “Giorno della Memoria” abbia incoraggiato molti famigliari di vittime del terrorismo a riprendere la parola, a far sentire com’era giusto la loro voce, prendendo iniziative, o collaborando a iniziative, volte a ricordare e lumeggiare casi egualmente significativi e spesso caduti in ombra.

    E si può forse osservare come nel contempo si sia attenuato – lo chiedemmo lo scorso anno - il rumore di esibizioni e discorsi di ben conosciuti, e anche sanzionati, attori di imprese sanguinose, dimentichi delle loro incancellabili, pesanti responsabilità morali. Ma in questo senso si sono ancora verificati episodi che non posso passare sotto silenzio. Ad esempio, è possibile che a serie e oneste ricostruzioni filmiche (abbiamo visto stamattina delle belle immagini) della genesi e dello sviluppo, fino alla sconfitta, del terrorismo “di sinistra”, debbano seguire ricostruzioni basate su memorie romanticheggianti e autogiustificative di personaggi che ebbero parte attiva in quella stagione sciagurata?

    Attenzione e rigore ho dovuto mostrare in tempi recenti, nell’esercizio delle mie funzioni, nei rapporti con i Capi di Stato della Francia e del Brasile, per trattamenti incomprensibilmente indulgenti riservati a terroristi condannati per fatti di sangue e da lungo tempo sottrattisi alla giustizia italiana. Ho dovuto farlo, tra l’altro, per difendere il prestigio del nostro sistema democratico che, in coerenza con i principi costituzionali, ha dato e dà tutte le garanzie dovute nell’amministrazione della giustizia e anche nella gestione delle sanzioni penali. Spero che la mia voce sia ascoltata, in spirito di amicizia perché non si può scambiare l’eversione, l’attacco criminale allo Stato e alle persone, per manifestazione di dissenso o contestazione politica. Per quelle scelte, per quei comportamenti, non c’è giustificazione o attenuante possibile : nemmeno per chi l’abbia nel passato cercata nel clima e nei fatti dello stragismo.

    Non verrò meno, comunque, ai miei doveri costituzionali in questo campo, certo di poter contare su un corrispondente impegno del governo, del Parlamento, di tutte le istituzioni democratiche, ed egualmente su uno stimolo e su un sostegno che vengano dal paese, da iniziative diffuse, da forme crescenti di consapevole partecipazione giovanile, di cui ci hanno dato una così bella testimonianza i ragazzi di “Sedie vuote” e il libro da loro composto.

    Dobbiamo insomma aver cura che si rafforzino tutte le condizioni indispensabili per portare avanti, per portare a compimento un giusto sforzo di ricomposizione storica, nella chiarezza, e di rinnovata coesione umana, morale e civile della nazione.