Il discorso del presidente Napolitano nel Giorno della Memoria per le vittime del terrorismo: "Guardare avanti senza mai dimenticare o rimuovere quel che è accaduto".
Questa seconda celebrazione del “Giorno della Memoria”, istituito con legge del 4 maggio 2007, si pone in piena continuità con la celebrazione dello scorso anno, tendendo ad arricchirne, nello stesso spirito, il quadro di riferimento e la valenza storica. Il 9 maggio 2008 concentrammo l’attenzione –– sulla vicenda e sulle figure delle vittime del terrorismo italiano : e riprenderò anche oggi quel filone sempre così scottante e sensibile.
Ma in primo luogo saluto lo sforzo che si è fatto per integrare in una visione unitaria e pienamente comprensiva del “Giorno della Memoria” il ricordo degli italiani, militari e civili, caduti nelle missioni che hanno visto il nostro paese impegnato, in diverse aree di crisi, a sostegno della pace e contro il terrorismo internazionale. A ricordare quei caduti e ad onorarne la memoria ha dato un essenziale, esauriente contributo l’impegno, e in special modo la bella pubblicazione del Ministero della Difesa. Si parte dai precedenti più lontani, dagli anni ’50 e ’60 del secolo da poco conclusosi, per giungere alla lunga teoria dei sacrifici di vite italiane nelle maggiori missioni degli anni ’90 e dei primi anni 2000 in Kossovo, in Irak, in Afghanistan. Quei volti, quelle medaglie ci raccontano storie di dedizione alla causa, di coraggio e di eroismo, che toccarono il culmine in quel tragico 12 novembre di oltre 5 anni fa a Nassirya, e che era giusto venissero tutte rievocate e onorate. Desidero ringraziare personalmente il ministro della Difesa per questo risultato, che concorre a rendere sempre più rappresentativa la celebrazione del “Giorno della Memoria”.
Nello stesso tempo rivolgiamo oggi la nostra attenzione e il nostro omaggio alle vittime delle stragi di matrice terroristica. Già un anno fa, in questa sala, ricordai come a partire dalla fine degli anni ’60 dello scorso secolo “si incrociarono in Italia diverse trame eversive, da un lato di destra neofascista e di impronta reazionaria, con connivenze anche in seno ad apparati dello Stato, dall’altro di sinistra estremista e rivoluzionaria”, fino al “dilagare del terrorismo delle Brigate Rosse”. Fu quest’ultimo, dominante fenomeno che mettemmo allora a fuoco, assumendo come emblematico il terribile momento dell’uccisione, dopo angosciosa prigionia, di Aldo Moro, alla cui personalità e al cui sacrificio indirizzo nuovamente il mio riconoscente pensiero, salutandone affettuosamente i famigliari.
Nell’odierna celebrazione mettiamo invece a fuoco la prima di una serie di vicende devastanti : la strage di Piazza Fontana a Milano, di cui sta per ricorrere il quarantesimo anniversario.
Ricordare quella strage e con essa l’avvio di un’oscura strategia della tensione, come spesso fu chiamata, significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda di indagini e di processi, da cui non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria. E ciò vale, lo sappiamo, anche per altri anelli di quella catena di stragi di matrice terroristica che colpì sanguinosamente città come Milano, Brescia, Bologna e altre, e di cui procedimenti giudiziari e inchieste parlamentari identificarono l’ispirazione politica ma non tutte le responsabilità di ideazione ed esecuzione. Se il fine venne indicato nella creazione di un clima di convulso allarme e disorientamento e quindi in una destabilizzazione del sistema democratico, fino a creare le condizioni per una svolta autoritaria nella direzione del paese, componenti non secondarie di quella trama – in particolare “l’attività depistatoria di una parte degli apparati dello Stato” (così definita nella relazione approvata nel 1994 dalla Commissione stragi del Parlamento) – rimasero spesso non determinate sul piano dei profili di responsabilità, individuali e non solo.
E’ ancora in corso il processo per la strage di Piazza della Loggia, e c’è da augurarsi che in tale sede si riesca a giungere a valide conclusioni di verità e di giustizia, e che anche in rapporto ad altre stragi siano possibili ulteriori sforzi per l’accertamento della verità. Desidero però dire che per quante ombre abbiano potuto pesare sulla ricerca condotta in sede giudiziaria e per quante riserve si possano nutrire sulle conclusioni da tempo raggiunte, non si possono gettare indiscriminati e ingiusti sospetti sull’operato di quanti indagarono e in particolare sull’operato della magistratura, esplicatosi in molteplici istanze e gradi di giudizio.
E’ parte – dobbiamo dirlo - , è parte dolorosa della storia italiana della seconda metà del Novecento anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia, in special modo nel perseguimento e nella sanzione delle responsabilità penali per fatti orribili di distruzione di vite umane. Il nostro Stato democratico, proprio perché è sempre rimasto uno Stato democratico e in esso abbiamo sempre vissuto, non in un fantomatico “doppio Stato”, porta su di sé questo peso : voglio dirlo nel modo più responsabile e partecipe a quanti hanno sofferto non solo per atroci perdite personali e famigliari, ma per ogni ambiguità e insufficienza di risposte alle loro aspettative e ai loro appelli.
E’ comunque importante che continui una riflessione collettiva, sullo stragismo come sul terrorismo, in uno con lo sforzo costante per coltivare e onorare la memoria delle vittime. E per entrambi gli aspetti non posso che esprimere gratitudine alle Associazioni e alle persone che garantiscono un così essenziale impegno civile e morale.
Nello stesso tempo, questo “Giorno della Memoria” ci offre l’occasione per accomunare nel rispetto e nell’omaggio che è loro dovuto i famigliari di tutte le vittime – come ha detto con nobili parole Gemma Calabresi – di una stagione di odio e di violenza. Rispetto ed omaggio dunque per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un’improvvisa, assurda fine.
Qui non si riapre o si rimette in questione un processo, la cui conclusione porta il nome di un magistrato di indiscutibile scrupolo e indipendenza : qui si compie un gesto politico e istituzionale, si rompe il silenzio su una ferita, non separabile da quella dei 17 che persero la vita a Piazza Fontana, e su un nome, su un uomo, di cui va riaffermata e onorata la linearità, sottraendolo alla rimozione e all’oblio. Grazie signora Pinelli, grazie per aver accettato, lei e le sue figlie, di essere oggi con noi.
Dicemmo un anno fa che è importante – anche se difficile, penoso, duro – riuscire a guardare avanti, senza dimenticare quel che è accaduto ma superando ogni istintivo rancore : e a proposito dei famigliari delle vittime dell’intolleranza e della violenza politica, mi hanno colpito le parole libere da rancore che ho di recente ascoltato dai famigliari dei fratelli Mattei travolti nell’orrendo rogo doloso di Primavalle dell’aprile 1973.
Guardare avanti ma senza – lo ripeto – mai dimenticare o rimuovere quel che è accaduto : anche e soprattutto per sventare ogni rischio che tornino i fantasmi del passato. Fantasmi come quelli del terrorismo rosso, che sono ancora di recente apparsi alla sbarra nel processo in corso a Milano. Fantasmi che non possono essere facilmente esorcizzati, sapendo come gli impulsi alla predicazione ideologica estremista e all’azione violenta potrebbero essere alimentati strumentalizzando nuove tensioni sociali in un eventuale contesto di difficoltà economiche acute.
Occorre perciò sviluppare un impegno costante di trasmissione della memoria e di diffusione della cultura della tolleranza, della convivenza pacifica, dell’esercizio dei diritti civili e sociali nell’ambito della legalità costituzionale. E occorre coniugare tale impegno con il massimo di attenzione e di rigore verso ogni tendenza di segno opposto.
E’ per me motivo di soddisfazione constatare come il messaggio partito di qui un anno fa per il “Giorno della Memoria” abbia incoraggiato molti famigliari di vittime del terrorismo a riprendere la parola, a far sentire com’era giusto la loro voce, prendendo iniziative, o collaborando a iniziative, volte a ricordare e lumeggiare casi egualmente significativi e spesso caduti in ombra.
E si può forse osservare come nel contempo si sia attenuato – lo chiedemmo lo scorso anno - il rumore di esibizioni e discorsi di ben conosciuti, e anche sanzionati, attori di imprese sanguinose, dimentichi delle loro incancellabili, pesanti responsabilità morali. Ma in questo senso si sono ancora verificati episodi che non posso passare sotto silenzio. Ad esempio, è possibile che a serie e oneste ricostruzioni filmiche (abbiamo visto stamattina delle belle immagini) della genesi e dello sviluppo, fino alla sconfitta, del terrorismo “di sinistra”, debbano seguire ricostruzioni basate su memorie romanticheggianti e autogiustificative di personaggi che ebbero parte attiva in quella stagione sciagurata?
Attenzione e rigore ho dovuto mostrare in tempi recenti, nell’esercizio delle mie funzioni, nei rapporti con i Capi di Stato della Francia e del Brasile, per trattamenti incomprensibilmente indulgenti riservati a terroristi condannati per fatti di sangue e da lungo tempo sottrattisi alla giustizia italiana. Ho dovuto farlo, tra l’altro, per difendere il prestigio del nostro sistema democratico che, in coerenza con i principi costituzionali, ha dato e dà tutte le garanzie dovute nell’amministrazione della giustizia e anche nella gestione delle sanzioni penali. Spero che la mia voce sia ascoltata, in spirito di amicizia perché non si può scambiare l’eversione, l’attacco criminale allo Stato e alle persone, per manifestazione di dissenso o contestazione politica. Per quelle scelte, per quei comportamenti, non c’è giustificazione o attenuante possibile : nemmeno per chi l’abbia nel passato cercata nel clima e nei fatti dello stragismo.
Non verrò meno, comunque, ai miei doveri costituzionali in questo campo, certo di poter contare su un corrispondente impegno del governo, del Parlamento, di tutte le istituzioni democratiche, ed egualmente su uno stimolo e su un sostegno che vengano dal paese, da iniziative diffuse, da forme crescenti di consapevole partecipazione giovanile, di cui ci hanno dato una così bella testimonianza i ragazzi di “Sedie vuote” e il libro da loro composto.
Dobbiamo insomma aver cura che si rafforzino tutte le condizioni indispensabili per portare avanti, per portare a compimento un giusto sforzo di ricomposizione storica, nella chiarezza, e di rinnovata coesione umana, morale e civile della nazione.