martedì 17 ottobre 2017

Cosa ci stiamo a fare qui, nelle nostre cancellerie?

 di Andrea Ermano
 
C'è la crisi dello Stato nazionale europeo e l'Europa stenta a decollare. Il Portogallo ha un governo di minoranza, lo stesso vale grosso modo per l'Italia, i governi spagnolo e britannico si reggono su maggioranze risicate. E adesso anche la Germania barcolla. Dov'è, dunque, la fa­mo­sa leadership per l'Europa? Tonnellate di carta stampata. Prodi e Blair, Sarkozy e Brelusconi, Renzi e Merkel: di tutto ciò non rimane molto. 
    E Macron? Martedì scorso il presidente della République ha tenuto alla Sorbona un lungo discorso europeista, con accorato appello a istituire l'esercito comune, il coordinamento antiterrorismo, un bilancio comune, un Ministero delle finanze comune e l'elezione condivisa di un settore del Parlamento europeo a partire dai 73 seggi che non verranno più attribuiti alla Gran Bretagna nel 2019, dopo la brexit
    Pare che il discorso di Macron sia risultato assai indigesto a Berlino, un discorso di cui si dice siano state rimaneggiate tra domenica notte e martedì mattina intere parti in seguito ai risultati delle elezioni in Germania: forse, dunque, un discorso un po' improvvisato e approssimato. 
 
 
Il presidente Macron alla Sorbona
 
D'altro canto, l'ossessione ordoliberista in forza della quale la Germania ha destabilizzato l'intero continente, si è ritorta a boomerang sugli equilibri politici tedeschi. 
    Ovviamente, anche stavolta la grave perdita di cinque punti percentuali da parte della SPD è commentata come prova definitiva della fine ultra-terminale del socialismo europeo e della sinistra in genere. I nove punti persi dalla CDU-CSU danno, invece, adito a titoli tipo: "Vittoria della Merkel in Germania"… Vabbè. 
    Alla diagnosi sulla sinistra si associa "il manifesto", quotidiano comunista per il quale la socialdemocrazia dovrebbe adesso revocare il congresso di Bad Godesberg, ritornando decisamente al marxismo. E perché no? Studiare Marx è buona cosa, trattandosi pur sempre di uno tra i più influenti pensatori della storia umana. Ma cerchiamo per una volta di essere onesti, come dice Yuval Harari: Che cosa studierebbe Marx stesso, oggi? Certo non si occuperebbe di scolastica, neo-scolastica e ortodossia, ma di problemi reali. 
    Perché è vero che l'ormai consueta lotta di classe "dall'alto" che continua a trasferire ricchezza in sempre meno mani è una concausa conclamata della deriva populista in atto. Ed è vero che la finanziarizzazione del capitale tende «a scontrarsi sempre più con la necessità dell'Occidente di continuare ad esistere», come diagnostica il filosofo Mario Perniola. Mentre di contro «si spacciano per "valori democratici" il consumismo, l'edonismo, la distruzione del sistema scientifico-professionale, l'eliminazione di ogni differenza», sicché trionfano «l'ignoranza e un ribellismo opportunistico ed egoistico, che qualcuno ha ben sintetizzato nella frase "Viva me! Abbasso gli altri!"». Contro tutto ciò è giusto manifestare, protestare e cantare Red Flag.
 
 
Il leader laburista Corbyn canta Red Flag
(fotonotizia del Daily Mirror )
 
Ma continuiamo lo sforzo di onestà intellettuale. Perché oltre alla crisi del Finanzkapital – che marxianamente si ripete a cicli, e che stavolta ha portato alla crisi dello Stato europeo moderno – oltre e dietro a ciò, in realtà, s'intravede ormai un'intera sequela di crisi ulteriori. Quella ambientale, anzitutto. E poi ancora le conseguenze migratorie e strategiche da essa derivanti. E poi ancora la caduta tendenziale della produttività umana in rapporto con l'ascesa produttiva dell'algoritmica e della robotica. E poi infine la transizione post-umana verso forme di vita sempre più caratterizzate da ingredienze bio-ingegneristiche e bio-informatiche. 
    Se questi processi rimarranno sgovernati, non sarà un bello spettacolo sul pianeta Terra tra un po'. E non stiamo parlando di prospettive millenarie, ma di un centinaio di anni circa, durante i quali queste grandi ondate critiche verrebbero ad accavallarsi e ad avvicendarsi.     
    Così, nell'insicurezza dei popoli si mescola confusamente, ma inevitabilmente, una qualche consapevolezza di questa prospettiva. Perciò non ha torto Giorgio Agamben quando, a fronte dello stato di eccezione globale a venire, dice che i primi a non essere convinti della propria legittimità sono i governanti stessi. Si domanderanno, infatti: Se non abbiamo la benché minima idea di come governare i processi reali, che cosa ci stiamo a fare qui, nelle nostre cancellerie?
    Non ci sono governi, non ci sono statisti, non ci sono leadership, né Parlamenti né Stati, non c'è tout court la Politica, se manca una comprensione politica di questo orizzonte. 
    In conclusione, Dio è morto e anche la sinistra europea si sente poco bene. Resta, però, il fatto che solo la via della soli­da­rie­tà e del dialogo può aiutarci realmente. E non sembri ingenuo dirlo. Per­ché solo una "umanità nuova" può affrontare i problemi esiziali, apparentemente insolubili, che l'umanità causa e somministra a se stes­sa medesima. Da ciò dipende, in fondo, la possibilità della Politica.
 
 
Carlo Marx in una celebre 
copertina di Der Spiegel