martedì 24 febbraio 2009

Eppur si muove

di Andrea Ermano
C'era una volta un autorevole economista ed ex parlamentare diessino reduce dal fallimento della Bicamerale, il professor Michele Salvati. Fu costui che lanciò una brillante idea: superare la vecchia fissazione socialdemocratica dentro un contenitore nuovo, leggero, liquido e molto sexy. Correva l'anno 2003 e si scrissero, nero su bianco, delle cose veramente fantastiche sul grande e assolutamente geniale progetto che doveva segnare l'inizio di una New Age italiana, lo spirito di Berlinguer rivestito di panni kennediani a riaprire il nostro famoso laboratorio di eccellenza... un modello per l'Europa e per il mondo intero. Fummo rivisitati dai fantasmi di Cesare e Traiano, Anchise, Enea e della vergine Cammilla, di Eurialo e Turno e Niso che annunciarono l'avvento del Veltro dantesco a riformar l'Italia "tra feltro e feltro".

Non furono avvistati altri pianeti abitati e forse per questo gli entusiasti nella loro Unio Mystica si astennero dal proclamarsi modello d'esportazione anche per i primi della classe nella costellazione Alpha Centauri. Detto fatto, decisero di chiamarlo "Partito Riformista" o qualcosa del genere. Inaugurarono alle europee del 2004 il nuovo veicolo, ma non fu un gran successo. E poi, quando gli eletti giunsero a Strasburgo, furono invitati a compilare i moduli d'iscrizione dei gruppi parlamentari, che rimasero quelli. I rutelliani, sfrattati dal PPI per mano berlusconica, finirono nel gruppo liberale dove vennero risocializzati da Marco Pannella e ne furono un po' scossi. Tutti gli altri restarono semplicemente nel PSE.

Poi arrivò il referendum sulla procreazione assistita e i socialisti di Boselli, percepiti come un inutile fardello laicista, vennero enucleati dal nuovo progetto riformista che assunse allora il nome di "Partito Democratico". In esso i DS con la Margherita convergevano in un processo di autoscioglimento a tappe forzate che eludeva tre nodi fondamentali: 1) l'ancoraggio socialista europeo, 2) la tutela degli interessi dei lavoratori e 3) la salvaguardia della laicità.

Un progetto indefinito in tutte e tre queste dimensioni apparve a molti completamente slegato dalla realtà. Ma il piano inclinato delle ambizioni di potere e delle forzature propagandistiche impedì ogni serio dibattito. Il gruppo dirigente del Pci-Pds-Ds stava conducendo la sinistra italiana al Capolinea, come disse Emanuele Macaluso, esponente storico del Pci, tirando nel 2007 le somme di un dialogo tra sordi: "Chi pensa che la nascita del Pd farà il miracolo, e il sistema politico funzionerà al punto da dare soluzione ai problemi... inganna se stesso e crea le condizioni di un fallimento le cui conseguenze saranno pagate da tutti”. E da queste colonne già un anno prima avevamo scritto, nel nostro piccolo, che se il Pci-Pds-Ds si fosse sciolto nel PD abbandonando l'approdo del socialismo democratico europeo e provocando dunque l'ennesima spaccatura all'interno della sinistra italiana e internazionale, ebbene più o meno questi tre effetti ne sarebbero verosimilmente conseguiti: 1) un notevole spostamento a destra dell'asse politico nel nostro Paese; 2) un sensibile spostamento a destra dell'asse politico europeo; 3) un lieve spostamento a destra dell'asse terrestre. Così avevamo scritto, nel nostro piccolo. E così è stato.

E vabene le primarie del partito nuovo leggero liquido molto sexy... Ma meglio tirare a campare che tirare le cuoia. Perché io preferisco le fatiche del navigar al naufragare dolce che sempre quest'orizzonte chiude tra il dire e il fare. Oplà, dire fare baciare lettera testamento. E fu così che il reggente colmò rapidamente la vacanza del leader divertente. Sette giorni netti. Un record.

Scherzi a parte, chapeau. E Franceschini non ha nemmeno eluso i nodi politici di cui dicevamo. "In Europa", ha detto, "non potremo mai stare in un luogo in cui non ci siano i socialisti europei". E ha aggiunto che il PD si batterà per l'unità sindacale e che "per tutti noi è inviolabile il principio sacro della laicità dello Stato".

A conclusione del suo discorso ha assunto questo impegno: ''Se mi eleggerete segretario il mio primo atto domani sarà a Ferrara. E, di fronte al castello Estense dove in una lunga notte del 1943 furono trucidati dalle squadre fasciste tredici cittadini innocenti e furono lasciati per ore sulle strade della città, perché li vedessero tutti, anche i ragazzi che andavano a scuola... Chiederò a mio padre, che ha 87 anni ed è stato un partigiano, di portare la sua vecchia copia della Costituzione Italiana e le giurerò fedeltà''.

Se son rose... Quanto all'alleanza con il PSE la verifica si avrà a breve. Quanto invece alla Costituzione – che afferma essere la Repubblica fondata sul lavoro (Art. 1) e dichiara l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione o di opinioni politiche (Art. 3) -- vedremo se Franceschini saprà tener fermo il timone del PD rispetto alle stelle fisse del lavoro e della laicità. Per lo meno in merito a quest'ultimo punto, può contare su precedenti d'eccezione nei due maggiori leader del cattolicesimo democratico italiano, Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi.

E però Dario Franceschini gode di un vantaggio rispetto ad essi: capeggia una forza politica non-democristiana. In altre parole: la sua base condivide per lo più il sistema di valori del riformismo europeo. Questo è un dato di fatto piuttosto consolidato, che si combina con questo leader che ha assunto questi impegni di antifascismo, laicità e laburismo... Ironia della storia, forse siamo di fronte a una costellazione effettivamente nuova, quanto meno per il nostro Paese, quanto meno nel suo secondo Dopoguerra.

Il sito del PD con il dicorso de suo neo-segretario:
http://www.partitodemocratico.it/gw/producer/dettaglio.aspx?ID_DOC=72295