giovedì 9 aprile 2009

Undici settimane

Franceschini prefigura un accordo esterno con il PSE e poi va alla manifestazione della Cgil. 

di Andrea Ermano 

Mancano undici settimane al voto europeo. E non è dato conoscere il luogo esatto in cui andrà a collocarsi il PD nell'emisfero di Strasburgo. Il segretario Franceschini giura che nell'europarlamento i democrats rimarranno "uniti" e che non entreranno nel PSE ma che, insieme al PSE, confluiranno in un gruppo del tutto nuovo. Giura anche il plenipotenziario Fassino: "Abbiamo avviato con i socialisti europei un confronto sul percorso con cui costruire un gruppo nel quale siedano insieme gli eletti socialisti e gli eletti del PD".

    L'impressione a lume di naso è che qualcuno all'interno del PD abbia minacciato i solititi... Casini.
    Comunque, lasciateci dire (per una volta) che il problema è "ben altro".
    Il problema politico principale sta in un centro-sinistra ai minimi storici mentre la destra veleggia verso lidi insperati. E in questo quadro bene a fatto Dario Franceschini a rievocare la categoria del clerico-fascismo (coniata da Don Sturzo) per descrivere il rapporto tra la Curia e il Cavaliere.

    Sì, l'attuale situazione italiana tende al clerico-fascismo. Non di altro si può parlare quando le gerarchie vaticane benedicono un partito il cui leader viene eletto per acclamazione da una platea di seimila delegati plaudenti in standing ovation, un partito il cui leader ha di fatto nominato gli organi dirigenti interni, reclamando poi l'elezione diretta e un potere di fatto illimitato per il capo del governo, cioè per sé.

    Dopo tutto ciò, L'Osservatore Romano ha arditamente salutato la nascita del PDL berlusconiano come il partito "maggiormente in grado di esprimere i valori comuni degli italiani, tra i quali quelli cattolici sono una parte non secondaria".

    Benedetti superpoteri al governo... Mentre un certo prefetto prefigura l'apartheid sui mezzi pubblici di una certa città senza scatenare un doveroso mare d'indignazione... quanto meno nelle televisioni del premier...

    Ma, porca la miseria, nessun altro leader occidentale controlla tre-sei-nove catene televisive né detiene un potere di candidatura di fatto assoluto (tramite i listoni bloccati del cosiddetto "porcellum") né gode dell'unzione vaticana un tanto a miliardo.

     Noi siamo fermamente convinti che questo teatrino non può durare. Ma per intanto la situazione è quella che è. E perciò, non saremo certo qui a sottilizzare millimetricamente sulla collocazione del PD a Strasburgo. Speriamo solo che Rutelli non se li manovri tutti fuori dal quadro delle alleanze...

    Dopodiché, una chiarificazione anche su questo punto arriverà. Inevitabilmente. E allora, che sono, in fondo, undici settimane? Franceschini, si capisce, vuol evitare di fare altri regali elettorali al centro-destra, ma vuol evitare anche di fornire facili alibi ad alcuni ex della Margherita pronti forse a passare armi e bagagli con l'UDC dove molti per parte loro accarezzano forse l'ipotesi di riconciliarsi con il Cavaliere...

    Dati i tempi, ci contentiamo di poco. L'ora della riscossa non può essere molto lontana. Ieri, per essere lieti ci è bastato vedere Dario Franceschini con Guglielmo Epifani al corteo della Cgil. Ma domani? Ci sarà battaglia, domani? La battaglia di domani, come diceva Aristotele, è una "contingenza futura" che c'interpella, ma senza certezze. Perché forse domani non ci sarà battaglia. O forse sì.