lunedì 8 giugno 2009

Quale ciclo va a finire?

In Europa la vittoria del centro-destra è meno grande di quanto non appaia. E lo stesso vale per la sconfitta del centro-sinistra. Dopo un ventennio di reazione economica e religiosa senza quartiere (e senza risparmio di mezzi) le  urne europee ci consegnano un responso di arretramento tutto sommato contenuto. In realtà, proprio adesso le forze progressiste possono passare al contrattacco, oggi più che mai, anche perché il ciclo del liberismo selvaggio e del neo-integralismo è giunto ormai al capolinea. Con ciò si giunge anche al termine della "terza via" di blairiana memoria. È l'ora di una sinistra capace di porre accenti molto decisi sulla centralità sociale, sull'urgente riforma ambientalistica e sulla tutela della laicità: queste sono le innovazioni di cui abbiamo bisogno e che vanno realizzate nel solco di una tradizione della quale il PSE non ha nulla  di che vergognarsi.

di Andrea Ermano

Con un affluenza bassa (del 43,5 per cento) il panorama che si delinea può essere riassunto a grandi linee in uno spostamento a destra dell'asse politico europeo, in esso si distinguono un chiaro rafforzamento delle posizioni xenofobe sulla destra ma anche un avanzamento sulla sinistra delle ragioni ecologiste, si consolida il centrodestra cattolico-moderato mentre il centro-sinistra democratico e socialista subisce un sensibile ridimensionamento.

    In particolare, il PPE si conferma prima forza politica a Strasburgo (267 seggi, +1 seggio, esclusi i 21 seggi dei Tories britannici), seguita dal Partito Socialista Europeo (159 seggi, -41 seggi, esclusi i 22 seggi del PD). I socialisti accusano una sensibile riduzione dei consensi, che corre parallela a quella della sinistra radicale facente capo alla Sinistra Europea (33 seggi, - 8 seggi), ma parzialmente compensata dall'incremento di voti ecologisti che portano i Verdi a 51 seggi (+ 9 seggi).

    Sul versante di destra, oltre al già citato PPE, si segnala una flessione delle forze liberiste facenti capo all'Alleanza dei Liberali e dei Democratici (81 seggi, - 7 seggi), e alla destra moderata del gruppo Indipendenti/Democratici (20 seggi, -17), mentre si registra un avanzamento delle formazioni euro-scettiche e/o xenofobe raccolte nell'UEN (35 seggi, +8).

    Il maggior incremento parlamentare è registrato dal gruppo misto che al momento conta ben 90 seggi, dei quali la metà è data dagli eletti del PD italiano e dei conservatori britannici, ma si suppone che il PD stabilirà un rapporto di collaborazione con il PSE, mentre non è ancora sicuro se i Tories rientreranno nel PPE.

    Le forze di sinistra in Europa escono complessivamente indebolite dal responso delle urne. Il ridimensionamento il Partito del Socialismo Europeo è sensibile ma non tragico: se includiamo nel calcolo dei seggi il PD italiano, si tratta di una flessione inferiore al 3% dei seggi. Grazie anche alla vittoria in Grecia dove i socialisti si candidano al governo del paese guidati dal presidente dell'Internazionale, George Papandreu. Anche in Spagna il premier Zapatero subisce un sorpasso (di 4 punti percentuali, con il 42% del PPE contro il 38% del Psoe), ma la sua è l'immagine comunque forte di un leader coraggioso, che si prepara ad assumere tra poco più di sei mesi la presidenza di turno dell'UE. Vittorie socialiste in controtendenza si segnalano anche in altri paesi del nord e del centro Europa.

    Si può dire che le urne europee decretano una sconfitta della sinistra tradizionale guidata dai socialisti e dai democratici, i quali hanno perso complessivamente una ventina di seggi a Strasburgo. Si tratta di una flessione pari a circa il 3%. 

    La sconfitta dunque c'è. Ma c'è anche una sua percezione eccessiva, sviata dalla grancassa dei media, che per parte loro non sono innocenti, non avendo saputo dare rilievo alle tematiche propriamente politiche e specificamente europee.

    In Italia le Europee hanno portato a un indebolimento del partito berlusconiano a favore della Lega e quindi nella prospettiva di maggiori tensioni interne. Il PD è stato punito, ma non esce completamente distrutto dalle urne, come si sarebbe potuto temere se fosse continuato lo snervamento dell'ultimo Veltroni.

    Il successore Franceschini ha posto accenti "di sinistra" e ha recuperato. Ora bisogna vedere se potrà essere lui l'uomo della prossima fase del PD, quella che uscirà dal primo "congresso vero" di questo partito.

    Come il PD in Italia, così il PSE in Europa, il centro-sinistra continuerà a esserci ma come si è detto la terza via è finita e occorre porre l'accento sulla nuova centralità della Questione Sociale, che va contemperata con l'impegno ecologicsta e quello a salvaguardia della laicità minacciata. In Italia, lo scenario del PD si gioca su questi temi di contenuto e da esso discenderà anche la scelta di un leader adatto alla nuova linea e alle alleanze che da essa discendono.

    Noio ci auguriamo per il bene del Paese che il centro-sinistra italiano a Strasburgo si colleghi al PSE.
    Quanto a quest'ultimo, le sconfitte possono rappresentare un'opportunità di rinnovamento delle persone e dei metodi di governo.

    A botta calda il prof. Buttiglione ha commentato i risultati rilanciando l'idea neo-guelfa di una Grande Europa delle Radici Cristiane che a suo dire sarebbe ora possibile grazie alla sconfitta dello schieramento laicista.  Non sappiamo se adesso riuscirà a farsi nominare commissario europeo, dopo il sonoro schiaffone subito qualche anno fa a causa delle sue posizioni omofobe, sappiamo però che la situazione uscita dalle urne è men peggio di quel che appare.

    In assenza di uno sfondamento del centro-sinistra socialista democratico, il tentativo di porre la costruzione europea sotto l'egemonia di quella "nuova evangelizzazione" lanciata dalla Curia romana alcuni anni or sono sembra ormai destinato ad infrangersi contro l'esigenza di costruire un ruolo cosmopolitico dell'Europa, rispetto al quale il "particulare" dei vari potentati, non escluso quello vaticano, è d'impedimento.

    Il nuovismo di maniera cinicamente brandito in funzione antisocialista è un'arma ormai spuntata.
    Non si può ignorare il peso della storia, che a sinistra si sostanzia in una tradizione politico-organizzativa nata due secoli fa, proprio nel cuore dell'Europa, e che oggi è diffusa in tutto il mondo.

    Dopo un ventennio di destra economica e/o integralista all'offensiva senza quartiere (e senza risparmio di mezzi) le urne d'Europa ci consegnano sì un responso di arretramento, ma tutto sommato contenuto.

    In realtà, adesso le forze progressiste possono passare al contrattacco, oggi più che mai, anche perché il ciclo del liberismo selvaggio e del neo-integralismo è giunto ormai al capolinea.

    Con ciò si giunge anche al termine della "terza via" di blairiana memoria. È l'ora di una sinistra capace di porre accenti decisi sulla solidarietà sociale, sull'urgente riforma ambientalistica e sulla tutela della laicità: queste sono le innovazioni di cui abbiamo bisogno e che vanno realizzate nel solco di una tradizione della quale il PSE non ha nulla di che vergognarsi.