lunedì 21 dicembre 2009

La notizia della settimana

       
Editoriale 

La notizia della settimana
 
di Andrea Ermano

La violenta aggressione ai danni di Silvio Berlusconi è un fatto grave, non meno delle rudimentali bombe rinvenute all'Università Bocconi e a Gradisca. Fatti che rappresentano per l'Italia un doppio segnale.

    In primo luogo essi sono il segnale di un clima politico surriscaldato. Troppe "spallate", troppe ronde, troppi sgomberi xenofobi, insulti istituzionali, discorsi sulla guerra civile che rimbalzano da un palazzo all'altro. Parla di guerra civile Berlusconi, parla di guerra civile Buttiglione. E nel Palazzo probabilmente si pensa che sarebbe ora di chiudere con le allegre mascherate e le escort e le corna e il cucù e le battute stonate.

    Ma poi l'Italia è un paese un po' così, ciclotimico, con fasi carnevalesche, fasi quaresimali e fasi di crisi d'ordine, a un ritmo di tre o quattro lustri l'una dall'altra. In alternativa alla forzatura post-democratica cui visibilmente tendono alcuni pezzi della destra ci sarebbe il passo indietro del premier, come chiedono a gran voce gli oppositori del "No B Day".

    Alcuni esponenti politici moderati, come Pierferdinando Casini, temono che si scivoli verso elezioni anticipate e stravolgimenti costituzionali. Il discorso del premier a Piazza del Duomo, poco prima della folle aggressione, sembrava invece indicare piuttosto una volontà di moderazione: "Niente elezioni anticipate", "State sereni".

    Vabbe', stiamo sereni. In fondo è Natale, e non possiamo non desiderare un po' di pace per tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà.

    Dopodiché, il mondo non sembra appassionarsi alle italiche baruffe. Fortunatamente o sfortunatamente, a seconda dei punti di vista, la notizia della settimana viene da Copenaghen, dal summit sul clima. Al Gore avverte che l'allarme è molto serio e nessuno che ricordi dov'erano i ghiacciai trent'anni fa, dubita del referto scientifico sul surriscaldamento. Eppure il summit di Copenaghen, quanto meno nel momento in cui scriviamo, non sembra approdato a un accordo. Le agenzie titolano ormai dai ieri che si teme il nulla di fatto, a causa di interessi economici e nazionali combinati.

    Sappiamo bene che se c'è il surriscaldamento per causa delle emissioni di CO2 allora possono conseguirne effetti importanti sul pianeta sul quale abitiamo. E sappiamo bene che la "carbonizzazione" dell'atmosfera è collegata al modello economico imperante. Lo scrive anche Carlo d'Inghilterra sulla Stampa e Le Monde: "Mi pare si debba adottare un nuovo approccio, partendo dal mondo com'è davvero". Ma allora, prosegue Carlo, bisogna accettare "il fatto che l'economia dipende dalla natura e non viceversa. Dopotutto la natura costituisce il capitale su cui si fonda il capitalismo".

    Dunque, il capitalismo trasforma la natura in ricchezza, ma si fonda su una ricchezza, il capitale, che è materialmente e sostanzialmente "natura". Ah, quante volte, nelle nostre riunioni di gioventù, rossa e infuocata, ce lo siamo detti e ridetti. E chissà che cosa faceva il principe del Galles a quei tempi.

    Fa piacere trovarsi tutti d'accordo, a una certa età. Ben scavato, vecchio Carlo!
    Forse bisognerebbe aggiungere che quando si parla di capitale, ci sarebbe di mezzo non solo la natura, ma anche il lavoro, l'umanità che suda sotto il bello e il cattivo tempo.

    Insomma, esiste la natura, ma anche la storia, che è anche storia del sudore.
    Ma a parte questo dettaglio, si può dire che questa questione di cui parliamo quando parliamo di surriscaldamento climatico è una questione politica globale che ci investe non solo nelle nostre economie e nelle nostre culture, ma anche nella nostra stessa personalità e nella nostra mentalià.

     Il futuro che ci attende, e che nessuno conosce, si annuncia nel segno di una grande trasformazione, che avrà comunque luogo. Noi ci auguriamo che essa possa avvenire come prodotto benigno del nostro lavoro. In questa prospettiva ciascun soggetto – individuale, collettivo, statuale o transnazionale – avrà di che interrogarsi circa il proprio essere ed agire.

    Da noi una sola domanda: c'è in giro un folle così folle da pensare che la trasformazione cosmopolitica che verrà, se verrà, possa essere pensata e costruita senza, o contro, la maggioranza degli esseri umani, cioè senza le lavoratrici e i lavoratori?

    Workers of all countries unite!
    E anche qui non possiamo non ribadire l'auspicio di un po' di pace a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà.

Poscritto - Alcuni motivi di fondo qui sopra esposti mi si sono chiariti per la prima volta qualche tempo fa nel corso di una "due giorni" indimenticabile di conferenze e colloqui tra Lugano e Varese con

Dario Robbiani (Novazzano 1939 - Lugano 2009), un gigante del giornalismo e del socialismo di lingua italiana in Svizzera che ci ha lasciati e al quale desidero dedicare anch'io un mio personale e affettuoso pensiero, con riconoscenza.