Niente di nuovo dal paese normale,questa settimana. E allora parliamo di calcio.
di Andrea Ermano
Mio padre era un gran tifoso. Una volta andammo a vedere la Juve a Vicenza. Rincasando nottetempo una lepre, ipnotizzata dai fari della macchina, ci si piazzò lì, in mezzo alla lunga strada di campagna.
Mio padre tentò di schivare l'animale, che però all'ultimo momento spiccò un balzo battendo violentemente contro il parafango. Simulò un'impossibile piroetta e ricadde sull'asfalto. Ci dispiacque alquanto, ma ormai non si poteva più fare niente.
Raccogliemmo quel corpo esanime, non sanguinava da nessuna parte, lo ricomponemmo, lo avvolgemmo nel Tuttosport e lo custodimmo nel cofano lungo tutto il tragitto di ritorno.
Giunti a casa, la lepre fu scuoiata e messa a marinare nell’aceto e nel vino, a tocchetti, per il salmì.
La polenta venne preparata con la farina di granturco bianco di montagna.
Tutto molto, molto buono.
Invece, il tifo, i berci bestiali e le urla belluine, che boiata pazzesca, pensavo, masticando quietamente.
Ma qui mi sbagliavo di grosso, perché da un punto di vista culturale molte cose ed eccellenti ha donato il tifo all’Italia. Ci ha aiutati, come popolo, a canalizzare una pervicace vocazione fratricida risalente ai tempi remoti dei figli della Lupa, Romolo e Remo.
Quanto più bella sarebbe la nostra non breve storia patria se la si potesse riassumere in una schedina! Orazi-Curiazi tre a due, Patrizi-Plebei uno a zero, Cristiani-Pagani tre a tre, Barbari-Gentili cinque a zero, Guelfi-Ghibellini due a zero... Streghe-Inquisitori... Ebrei-Repubblichini...
Fine della partita, fine dell’odio. Mai più persecuzioni. Mai più leggi razziali. E via tutti a cazzeggiare ancora un po’ al bar dello sport.
Bello sarebbe.
Senonché i tifosi, evasi ormai dagli stadi e dai loro bar, hanno conquistato il potere, i partiti, il Parlamento e persino il Governo del Paese, che assomiglia sempre di più a una curva sud schierata con gavette e bivacchi ai piedi dell'insepugnato Quirinale.
In realtà, sembra che l'anima della Lupa si stia riappropriando di noi. Vibra nell'aria l’antica vocazione fratricida in libera uscita dal mondo calcistico.
L'altrieri, per dire, si è tenuta una conferenza stampa in cui il Capo del Governo (che è anche un tycoon e un uomo di calcio) ha denunciato la squadra avversaria che in combutta con gli arbitri vorrebbe tenere chiusi negli spogliatoi i suoi giocatori.
Al che la tifoseria ha giustamente provato un moto di sdegno profondo: Lasciateli giocare! Aprite quegli spogliatoi!
Solo un signore, sicuramente un intruso, continuava a parlare d'altro, ripetendo delle domande, un po' astratte, sulla corruzione, le regole ecc.
Ma che ci faceva lì, a disturbare quella conferenza stampa riservata ai giornalisti accreditati? A un certo punto il ministro della Difesa s'è proprio stufato ("prima che ministro io sono un militante"). Ha acchiappato l'intruso per la collottola, strattonandolo e intimandogli di starsene zitto.
"Zitto tu", ha esclamato il ministro-militante.
"Giù le mani, picchiatore fascista", gli ha risposto l'intruso, mettendo con facile ruggito in fuga il ministro-militante. Ma anche un po' codardo, mi sembra di poter dire a ragion veduta.
Perché poi, in serata, l'abbiamo ricevuta la notizia, a quel punto inevitabile, che il Milan era stato pesantemente sconfitto a Manchester.
Ovvio, dico io. Se gli arbitri impediscono agli undici campioni rossoneri di uscire dagli spogliatoi...
Insomma, che cosa intende fare il Capo del Governo, al di là delle vuote formule da conferenza stampa riservata ai giornalisti accreditati, per mettere fine a questi continui sequestri arbitrali di poveri calciatori, poveri in senso traslato?