La formazione socialista-ecologista "Sinistra e Libertà" si propone di restituire una adeguata rappresentanza politica al popolo progressista.
"La sinistra italiana è un bellissimo ricordo" – queste parole sarebbero state pronunciate da Daniel Cohn-Bendit a margine dell'assemblea nazionale di "Sinistra e Libertà" tenutasi recentemente a Napoli. Il giudizio dell'europarlamentare ecologista, per quanto adegua-tamente severo, non toglie nulla alla domanda di rappresentanza che pur persiste nel Pae-se, presso ampi settori di popolazione (in stato di auto-esilio interiore).
A Napoli una risposta a questa domanda di rappresentanza è stata ora imbastita da quel che resta delle organizzazioni socialiste, post-comuniste ed ambientaliste miracolosamen-te scampate al gran sisma veltrusconiano di due primavere or sono.
"Sinistra e Libertà" ha inaugurato un processo costituente che dovrebbe sfociare nella fondazione di un partito unitario -- del lavoro, dell'ambiente e della laicità. Fava, Nencini, Grazia Francescato e Vendola -- in rappresentanza di SD, PS, Verdi ed ex-PRC -- hanno convenuto di unire le forze. Chissà che a loro non riesca di doppiare quel "Passaggio a nord-ovest" finora bloccato da ghiacci che però, ha detto Mussi, "prima o poi dovranno rompersi".
Finora tutte le operazioni analoghe sono fallite, risolvendosi (come nel caso, plateale, del PD) in altrettante "fusioni a freddo". Ma stavolta c'è un'anima socialista-ecologista nel progetto che mostra una sua intrinseca plausibilità, non fosse altro che in relazione alla crisi economica globale e all'emergenza climatica. A ciò s'aggiunga la drammatica eclisse civile italiana… Potrebbe dar innesco a un Ricominciamento.
Per quel che concerne i socialisti, su cui qui ci soffermiamo per ovvie ragioni, Riccardo Nencini, pur rivendicando con molto orgoglio le sue nobili ascendenze politiche, si dichi-ara in linea di principio disposto confluire in "Sinistra e Libertà", con il PS al pari delle altre componenti cui accennavamo.
Questa "cessione di sovranità", nel "bi-porcellum" stile Terza repubblica, è probabil-mente senza alternative. Ma può rivelarsi una scelta persino lungimirante, se a livello con-tinentale si rafforzasse (come noi auspichiamo) un'alleanza tra ecologisti e socialisti delle varie tendenze… E tra le varie tendenze socialiste ci si consenta d'includere anche forma-zioni come la Linke tedesca: non che si debba convenire su ogni singolo contenuto, per carità. Ma appare ormai abbastanza evidente che un riposizionamento "più a sinistra" dell'intera socialdemocrazia europea è davvero necessario, a partire proprio dalla SPD, che ieri ha subito la più amara sconfitta del Dopoguerra a causa del suo eccessivo mode-ratismo sociale. Nei prossimi giorni le dimissioni del presidente Münterfering chiuderan-no l'ormai decennale tenzone con Lafontaine inaugurando una nuova fase dei rapporti tra SPD e Linke.
Si parva licet, Nencini sembra aver afferrato il nervo epocale (il che è ovviamente più facile per una formazione politica di dimensioni assai modeste), ha lasciato che De Mi-chelis seguisse il suo ormai consueto pendolariato governativo, approntandosi senza ec-cessivi traumi ad inalveare il PS nel nuovo soggetto unitario. Il che significa, però, sia pure tra mille clausole e subordinate, che si staglia ormai all'orizzonte l'auto-scioglimento del partito.
Non sarebbe la prima volta che in Italia viene meno una presenza dichiaratamente soci-alista, organizzata in modo autonomo, organicamente collegata alla grande famiglia del socialismo internazionale. Il Partito Socialista Italiano "quattro volte parve stroncato dai nemici suoi, dai nemici della classe lavoratrice – nel 1894, nel 1898, nel 1915 e nel 1925", scriveva Faravelli sulla "Critica Sociale" qualche tempo dopo la Liberazione.
Come a dire che non siamo al trionfo postumo del fusionismo nenniano prima maniera, che il socialismo italiano è sempre rinato e che insomma bisogna aver fiducia nelle proprie idee. La preoccupazione semmai è altra. Perché l'esperienza storica ci segnala che queste costellazioni di discontinuità politico-organizzativa dello schieramento socialista finora non sono state di buon auspicio per il Paese. Quei quattro anni horribiles cui rinvi-ava Faravelli si contraddistinguono per ragioni che sono presto dette: stato d'assedio, stato di guerra, dittatura.
Crispi nel 1894 proclama in Sicilia lo stato d'assedio contro un movimento popolare che chiede alcune riforme sociali e fiscali che oggi noi considereremmo ovvie e scontate. Morti, feriti, arresti e processi.
Nel 1898 lo stato d'assedio viene invece proclamato a Milano contro la protesta popola-re per l'aumento del pane. Il generale Bava Beccaris prende a cannonate la folla, ammaz-zando ottanta manifestanti e ferendone un mezzo migliaio.
Lo stato di guerra entra in vigore nel 1915 nell'illegalità costituzionale. Il Parlamento, maggioritariamente contrario alla belligeranza, viene esautorato dal governo e da Vittorio Emanuele III, che con accenti pre-totalitari proclama: "Cittadini e soldati, siate un esercito solo! Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradi-mento". Seicentocinquantamila morti. Seicentomila dispersi. Novecentoquarantasettemi-la feriti. E poi il fascismo.
Nel 1925 risuona sotto l'Arco di Tito uno tra i più famigerati discorsi della non breve storia italiana. Il Duce, pubblicamente, esplicitamente, avoca a sé ogni responsabilità "storica, morale e politica" dell'assassinio di un parlamentare in carica, il leader dei socia-listi riformisti Giacomo Matteotti, barbaramente ammazzato a coltellate dopo inenarrabili sevizie.
Inizia così, in tutta ufficialità, la dittatura mussoliniana. Dopodiché il fascismo si dif-fonde nel Vecchio continente, grazie anche all'abilissimo sostegno della diplomazia vati-cana. Le armate della rivoluzione conservatrice si mettono in marcia per restaurare il "Sacro Romano Impero". Poi fanno quel che fanno. Guerra di Spagna. Leggi Razziali. Seconda guerra mondiale. Shoah.
Per nostra postera fortuna, quei tempi remoti di disumanizzazione assoluta sono oggi "soltanto" l'orrido oggetto di una memoria che non può né deve passare. Ma non è che, in tutta sincerità, possiamo dirci completamente tranquilli. Perciò spezziamo decisamente una lancia a favore dell'impegno politico e del coraggio civile. Avanti, compagni!